E non c’è più neanche bisogno di dirlo, che i neri sono brutti sporchi e cattivi. «Io adesso basta, ne ho pieni i c. di questi immigrati, ma rimandiamoli al loro paese, tutti qui ne abbiamo le p. piene, rubano e stuprano le donne e noi li manteniamo a prosciutto», così conciona Tonino, 69 anni, pensionato, arringando una tremula moglie e due amiche di lei. Siamo in strada Farini, centro centro di Parma, a 50 metri dal municipio dove un gruppetto di giovani contesta il re dei leghisti, ma questo Tonino è più leghista di Salvini medesimo, che ha una sola domanda da fare: «Siete pronti a fare la storia anche in Emilia Romagna? ». E certo che sì, almeno per i più o meno 500 radunati davanti al bar Gavanasa – un posto da giovani – aspettando che Salvini abbia finito per attaccare il parmigiano reggiano del buffet. «Matteo dice sempre le stesse cose, ma ha ragione da vendere», dice la signora Marina, con borsetta Chanel vera a tracolla, «qui è pieno di neri, che peraltro ci portano via le case popolari », di cui lei non ha certamente bisogno. «Allora io dico: prima agli italiani, poi se avanza qualcosa, ai neri», magari anche le croste del parmigiano. Lei e gli altri conoscono già la data fatale: 26 gennaio 2020, «segnatelo sulla vostra agenda, dopo cinquant’anni la sinistra va a casa dalla Emilia e dalla Romagna», come l’Umbria. Ma Salvini ha una qualche cautela: «È una possibilità, non una certezza », il che manda in confusione qualcuno, «ma allora vinciamo o no, non ho capito».
Il bar Gavanasa non resterà nella leggenda della propaganda leghista (e un poeta locale ha anche scritto su Facebook: «piutost che ander al Gavanasa, a magn na bela merdasa»), ma Salvini l’ha scelto per il nuovo pronti-via, mancano tre mesi, questo è solo il riscaldamento ma rieccoci on the road, sperando o temendo che l’ex ministro alzi in alto lo scalpo della sinistra nella sua casa storica, che vittoria sarebbe, o che sfregio. «Noi vogliamo fare lavorare chi è bravo, non chi ha la tessera giusta in tasca, ed è amico del cugino del dirigente del pd», dice dal palco, e basta quindi con «Bonaccini e il suo compagno Pizzarotti, che devono cominciare a preoccuparsi, perché se siete qui in centinaia, vuol dire che vinciamo». Un bagnetto di folla, diciamo, questa volta al Gavanasa è andata così. In altre città farà meglio, come nelle neoleghiste Forlì e Ferrara, e perché non tornare al Papeete, d’inverno, con la nebbia, tra i vitelloni contemporanei che sicuramente voteranno Matteo?
Adesso «voglio una regione dove se ho una casa popolare prima va all’italiano, poi al resto del mondo », ma chi sta sotto ad ascoltare queste cose le ha già digerite ed è pronto a sputarle fuori di suo. Non sa invece «questa notizia incredibile sull’immigrazione che ci arriva dalla Germania: arriveranno dei charter dalla Germania all’Italia, ce li porteranno qui», sembra la storia delle vipere paracadutate nei boschi ma oh, qualcuno qui ci crede. «Ci minacceranno. Proveranno a fermarci in tutti i modi, anche con le liste di proscrizione!», e qui parla la candidata governat rice Lucia Borgonzoni, una che conosce poco la geografia ma ha ben altre doti, come la previsione del futuro: «Noi libereremo l’Emilia-Romagna. Prenderemo la Regione, poi faremo cadere il governo e avremo finalmente Salvini premier », e la senatrice nerovestita e con i lunghi capelli scurissimi qui fa davvero paura – ed è pure la sera di Halloween – quando grida «noi non abbiamo l’anello al naso! », perché «Bonaccini promette marchette a tutti, ma non si capisce dove prenderà i soldi». Il programma di Borgonzoni è estremamente chiaro: «Faremo i controlli sulle case popolari, che devono andare prima agli italiani». «Basta con i fondi europei ai rifugiati e non alla nostra gente che ha bisogno di lavorare». In più, «la Regione ha riaperto le porte all’invasione che sta tornando, per dare i soldi alle cooperative. E a Parma lo sapete, avete strade e piazze piene di persone che spacciano in mano alla criminalità». Ah, c’è anche «basta soldi per fare i campi nomadi », via gli zingari dal suo futuro regno. Ma anche la temibile Lucia ci mette un pizzico di cautela, come il suo capo: vincere «non sarà una cosa facile, ma possiamo farcela», si vede che i sondaggi ultimi invitano alla prudenza.
E pure ieri sera Salvini era più sul benevolo che sullo stile Gambadilegno che pure gli ha portato successo, e meno respingente di quando maltrattava i poveri leghisti troppo lenti nei selfie, era stravolto ma questa sarabanda elettorale gli piace, e funziona. Meno parolacce, il minimo, «gli argomenti degli avversari sono i fischi e i vaffanculo. Alta politica…». E via nella notte, notte di Ognissanti o del “dolcetto-scherzetto”, verso Ziano Piacentino, alla Festa nazionale della zucca. Festa leghista, prima che yankee. Il senatore locale Pisani diceva che «Matteo è molto stanco, dopo la lunga campagna elettorale in Umbria, ma più che mai determinato a portare il risultato anche qui», al Ginger Dance ci sono bambini e mamme truccate da strega che aspettano la vittoria, oltre a un selfie per santificare la festa delle zucche vuote, non intendendo certo i presenti.