Quando Louis Pasteur nel 1863 fece il suo primo esperimento di pastorizzazione, fu sul vino. Ma per sperimentarlo sul latte si dovrà aspettare fino al 1886 per opera del tedesco Franz von Soxhlet. Tuttavia il termine pastorizzazione deriva da Pasteur che fu comunque il primo a provare la relazione fra le alterazioni dei cibi a contatto con l’ambiente esterno e la presenza di microrganismi.
Questa importante scoperta scientifica, che ci permette di consumare alimenti sani, è portata avanti dall’azienda lombarda Sacco. Ma bisogna andare indietro di oltre 140 anni per conoscerne la storia, quando Martino Clerici fonda il Caglificio Clerici. Era il 1872, a Cadorago, sul lago di Como e Clerici produceva enzimi per l’industria lattiero casearia. Ma è Vittorio Sacco, nel 1934 a iniziare il percorso verso il biotech con la fondazione della Sacco. «Siamo un’azienda strana –, spiega l’ingegner Francesco Verga, amministratore delegato di Sacco – produciamo batteri». E detto così può sembrare una cosa negativa perché si associano i batteri alle malattie. «Nel nostro caso si tratta di batteri buoni – rassicura Verga – più che un’azienda siamo una fabbrica dove si fa di tutto: biotecnologia, ricerca, produzione e vendita alle industrie alimentari e farmaceutiche, grazie alla formazione di una rete d’impresa: la Sacco System creata nel 2016».
Alla Clerici e alla Sacco, infatti si sono aggregate anche Csl (Centro sperimentale del latte) e Kemitalia. «Nel 1978, prima di entrare nella rete d’impresa, la Sacco era formata da 20 persone e fatturava circa 2 milioni di euro – racconta Verga – ora abbiamo più di 300 dipendenti e fatturiamo 100 milioni di euro vendendo solo batteri». Se i probiotici, come riportato sulla rivista americana Brain, Behavior and Immunity si candidano a essere considerati germi della serenità perché considerati antidepressivi, la Sacco li produce anche per proteggere i cibi in modo naturale. Hanno impianti progettati internamente e almeno 70 persone che si occupano quotidianamente di ricerca e sviluppo dove investono più del 6% del fatturato.
Un dato notevolmente superiore a quello della media italiana ed europea. «Vendiamo pacchetti da 100 miliardi di batteri a un euro e siamo in continua crescita. Abbiamo appena raddoppiato la sede di Lodi e stiamo ingrandendo del 50% quella di Cadorago. Nel 2017 il fatturato è cresciuto il 20% ed esportiamo in 110 paesi del mondo». Il modello della family company ha permesso di creare occupazione e benessere. «Siamo proiettati verso il futuro, puntiamo su innovazione, ricerca e risorse umane».
*L’Economia, 7 maggio 2018