“Il ritorno delle tribù, la sfida dei nuovi clan all’ordine mondiale”, è l’ultimo libro scritto dal Direttore de “La Stampa”, Maurizio Molinari. Un testo importante in questa nuova fase geopolitica dove tutto sembra imprevedibile, non più appartenere al passato. Molinari è un profondo conoscitore del Medio Oriente. Proprio da lì parte mostrandoci quanto le tribù stiano diventando il fulcro delle tensioni nello scacchiere internazionale. Un libro che ha la capacità di alzare il velo del gioco pericoloso a cui stiamo andando incontro: la disgregazione degli Stati nazionali.
Il califfo
Ognuno di noi ricorda perfettamente dov’era e cosa faceva quel fatidico 11 settembre del 2001, nonostante sia passato un bel po’ di tempo. La spettacolarizzazione impressa da Al Qaeda nell’attacco terroristico delle torri gemelle si è impressa in modo indelebile nella nostra memoria. Di attacchi terroristici ce ne sono stati molti, anche prima del 2001, ma quello del World Tarde Center è uno spartiacque non solo per il numero delle vittime o perché è avvenuto al centro di una delle più grandi città del mondo, ma perché ha segnato la prima vera dichiarazione di guerra del mondo islamico contro l’occidente. Prima di quella data conoscevamo gli attacchi terroristici dei palestinesi che richiamavano la richiesta di un loro Stato; con Al Qaeda il principale obiettivo è prima di tutto mettere in difficoltà l’avversario, cioè l’Occidente. Tutti gli attacchi terroristici che si sono succeduti, e il passaggio da Al Qaeda ad Isis, hanno aperto una guerra “tra noi (Islam) e loro (Occidente)”. Per Molinari
“il piano rientra nel disegno escatologico della sottomissione del Pianeta a un grande Califfato”.
Abu Bakr al-Baghdadi annuncia il 29 giugno 2014 la nascita del Califfato sulle macerie della disgregazione della Siria. Una disgregazione che fa perno sul malcontento delle tribù che precedentemente avevano assicurato fedeltà ad Hafez Assad e che il figlio, Bashar, colpa la forte riduzione degli investimenti nell’area e il contemporaneo aumento della popolazione, non ha saputo mantenere. Due temi sono al centro:
-gli Stati arabi, nati con l’intesa di Sykes-Picot fatta il 16 maggio 1916 fra Francia ed Inghilterra, sono frutto di un’operazione fatta sulla carta che ha retto per molti anni, ma che oggi sta mostrando tutte le debolezze di una mappa disegnata con il righello;
-le tribù, con la loro carica identitaria, prima di tutto divise tra sciiti e sunniti, sono il perno di questa disgregazione degli Stati arabi (“fulgido” esempio è la situazione che si è venuta a creare in Libia post fine della dittatura di Gheddafi).
Il fatto che in questi ultimi mesi si parli meno di Siria, non vuol dire che il problema sia risolto.
Terra di mezzo, terra in mezzo: la Palestina
Molinari nel grande dilemma palestinese prende una posizione chiara citando più volte il Presidente d’Israele, Reuven Rivlin: “E’ finita la possibilità di creare uno Stato Palestinese”. La soluzione, che non prevede i due Stati, porta ad ipotizzare la via della confederazione:
“Il termine confederazione ha una sua ragion d’essere in Medio Oriente perché si richiama all’eredità della convivenza delle tribù rivali, capaci di condividere uno stesso spazio se capaci di individuare degli interessi comuni attorno a cui aggregarsi”.
Una ipotesi che ha un suo richiamo diretto e vicino a noi: la storia della Svizzera dove convivono 26 cantoni differenti con una loro costituzione, un loro parlamento e loro organi giurisdizionali. Realisticamente, quanto di più difficile possa avvenire per quell’area.
Sempre centrale il Mediterraneo
La centralità del Mediterraneo la si vede attraverso la carica esplosiva del Medio Oriente, le difficoltà post primavere arabe dell’area del Magreb e con l’esodo dal centro Africa delle popolazioni locali verso l’Europa. Una centralità in cui la Russia di Putin sta riaffermando una suo soft power attraverso una presenza militare e diplomatica di primo rilievo. Non da meno, la Cina si sta muovendo già da molti anni sia attraverso la costruzione della nuova via della Seta (“One belt, One raod”) che con massicci investimenti energetici e infrastrutturali. In questa situazione, con gli Stati Uniti – per il momento – fuori dalla partita dopo le scelte di Obama e le visioni instabili di Trump, l’Europa potrebbe essere un buon protagonista. Purtroppo, invece, è alle prese con una lacerazione evidente all’interno – Brexit, questione immigrati… – e un populismo sia di destra che di sinistra che sta mettendo a dura prova gran parte dei Governi Europei (chi avrebbe immaginato solo qualche settimana fa la crisi sfiorata del Governo Merkel?). L’incapacità dell’Europa di rispondere a queste sfide ha bloccato lo sviluppo verso la creazione degli Stati Uniti d’Europa. Anzi il progetto europeo sembra destinato, nel momento del maggior bisogno, a dissolversi.
Il bisogno del capo
Nel 2008 Seth Godin, guru del marketing, scriveva un libro dal titolo eloquente: “Tribù”. Nella quarta di copertina compare questa frase:
“Se pensi che la leadership sia una faccenda che non ti riguarda, questo libro ti farà cambiare idea: attraverso l’analisi di casi reali, l’autore dimostra che tutti hanno l’opportunità e gli strumenti per dare vita a una «tribù» e per diventarne il leader”.
Detto, fatto. Il ritorno delle tribù è un piatto pronto che riguarda tutto il mondo: da Putin a Trump. Ma le stesse aziende, con la loro carica di leadership sentimentale sono ben allineate in questa visione. Pensiamo alle aziende che sono sovranazionali, vedi Google, Facebook, Amazon, Apple con i loro valori, identità e regole. Sono talmente sovranazionali che pagano le tasse dove vogliono loro. Tutti i brand che rappresentano, giocando su precise chiavi emotive, puntano a costruire una tribù di fedeli consumatori. Le stesse nuove tecnologie ci stanno rendendo – apparentemente – molto autonomi rispetto al passato, in realtà molto più dipendenti organizzati per tribù. Tutte queste forze – dal populismo alle Big Corporation -, molto diverse tra loro, sembrano portare al superamento del concetto di Stato Nazionale in Occidente come soggetto dotato di un’organizzazione fondato su principi democratici. Sembra quasi che si vada verso un travaso di responsabilità dagli stati nazionali alle aziende.
Europexit
Alla voce “tribù” la Treccani fornisce questa definizione:
“Gruppo etnico di dimensioni varie, i membri del quale parlano uno stesso linguaggio, hanno consapevolezza di costituire un organismo sociale ben determinato e politicamente coerente, e come tale riconosciuto dai gruppi vicini; la sua coesione ha quasi sempre carattere territoriale oltre che linguistico e sociale, in quanto il gruppo occupa permanentemente (se sedentario) o percorre periodicamente (se nomade) una regione geograficamente determinata, sulla quale afferma diritti tradizionali, riconosciuti dai gruppi etnici limitrofi”.
Il pensiero non può che andare al referendum che si è svolto in Catalogna, per richiedere l’indipendenza dalla Spagna, e ai referendum del 22 ottobre scorso sull’autonomia che Veneto e Lombardia. Certo, sono stati due referendum tecnicamente diversi a cui sottende una richiesta di “presunta” identità locale. Quello del Veneto e della Lombardia sembrava il primo passo verso la disgregazione dello Stato nazionale chiamato Italia o verso la creazione di una Confederazione di Stati chiamata Italia. Oggi, invece, la Lega nazionale guarda con distacco all’autonomia chiesta da Zaia. Salvini ha virato il partito creando una tribù non più caratterizzata dalla territorialità delimitata ad una regione. La sua è una tribù, di cui lui è il leader indiscusso, imperniata sui codici della rabbia e della paura. Il bisogno di protezione affidata all’uomo dei miracoli, ha colpito ancora. Il recente raduno di Pontida ha testimoniato, anche fisicamente, questo definitivo passaggio. Il suo disegno a questo punto sembra essere chiaro: distruggere l’Europa e tornare alle tribù, per governare la sua tribù. Ma dopo l’Europa disgregata toccherà all’Italia? Potrà l’Italia, già fratturata economicamente e culturalmente in due, resistere nel suo essere uno Stato unico? Il rischio è che prima o dopo si tornerà all’Europa del Medioevo.
Titolo: Il Ritorno delle Tribù
Autore: Maurizio Molinari
Editore: Rizzoli
240 pp; 19 Euro