Lunedì prossimo il ministro Luigi Di Maio dovrebbe presentare un testo per reintrodurre la cassa integrazione per cessata attività, come aveva annunciato occupandosi del caso Bekaert. Sarà importante vedere le soluzioni che verranno fuori perché i sindacati metalmeccanici che ieri hanno presidiato il ministro dello Sviluppo economico chiedono che la Cig speciale sia concessa solo a fronte della presentazione di un preciso piano industriale e non come una sinecura. Ma è chiaro che il revival della cassa ha un valore particolare, fotografa il mutato spirito del tempo e segna nel dibattito politico italiano la sconfitta dei sostenitori della flexsecurity.
Un filone che è stato largamente egemone nel decennio passato e che si è giovato via via delle idee di Pietro Ichino, Tito Boeri, Tiziano Treu, Tommaso Nannicini, Marco Leonardi. Giuristi ed economisti del lavoro che hanno sostenuto opzioni differenti tra loro ma accomunati da una matrice culturale modernista. Chi ha sostenuto queste tesi non può oggi che vedere un ritorno al passato anche perché vede saldarsi politiche orientate a ridurre l’età pensionabile (la quota 100) e ad allungare gli ammortizzatori sociali. Così si finisce per prefigurare un «turnover sussidiato» che sul breve può far comodo alle imprese che hanno bisogno di ringiovanire il capitale umano ma che alla lunga abbassa il tasso di partecipazione al lavoro. La tendenza a mettere in campo strumenti di flexsecurity (Naspi, assegno di ricollocazione) è stata comune in tutta Europa, adesso però il rinculo sembra solo italiano, anche perché la ripresa dell’economia reale 2015-2017 è stata da noi più lenta che altrove. I liberal paventano anche che nella scelta delle aziende da tutelare inevitabilmente si affermi il peso politico e quantitativo delle aziende pubbliche, in primis Alitalia, che godranno di una sorta di accesso preferenziale. Ovviamente Di Maio oltre a presentare un testo con i criteri di accesso alla Cigs dovrà individuare anche le coperture perché il provvedimento possa entrare nel decreto urgenze e quindi a breve ne sapremo di più sulle platee di imprese che potranno essere interessate dal provvedimento.
Registrata la posizione liberal bisogna però dire che la mappa si presenta diversa dal recente passato, dal caso Ilva per esempio. A chiedere l’intervento del ministro è infatti uno dei leader dei metalmeccanici, Marco Bentivogli, che invece era stato il critico più feroce del governo nel caso di Taranto. I sindacati dei meccanici ieri hanno schierato a Roma 2 mila delegati e lavoratori di imprese in crisi preoccupati della fine degli ammortizzatori sociali, in rappresentanza di 30 mila lavoratori che rischiano il posto di lavoro entro il 31 dicembre. Ma Bentivogli che ha sostenuto a spada tratta le politiche attive del lavoro e il Jobs act non è in contraddizione a richiedere oggi la nuova Cigs? «Rispondo con quello che chiamo il teorema di Tarzan — dice il segretario generale della Fim-Cisl —. Non mi puoi chiedere di lasciare la vecchia liana se non vedo quella nuova». Fuor di metafora i sindacati non possono rinunciare ai vecchi ammortizzatori se non vedono altri strumenti ugualmente funzionanti. «La flexsecurity è una prospettiva ma oggi il nuovo non c’è e le politiche attive funzionano solo in alcune regioni del Nord dove ce n’è relativamente meno bisogno». A latere del dibattito politico-culturale sulla Cigs è interessante sottolineare come non ci sia accordo neanche sul costo per la fiscalità generale della Cigs. Minimo secondo i sindacati, significativo per chi critica il ritorno al passato e sostiene che la copertura Inps vale sono per una prima fase.
Nella querelle tra Di Maio e i modernizzatori più o meno delusi può essere interessante registrare la voce di un ex ministro Maurizio Sacconi, che in passato aveva frequentemente polemizzato con il fronte liberal. «Riconosciuto che in passato di errori ne sono stati commessi molti, rimango dell’idea che separare il lavoratore dall’azienda non deve essere una scelta frettolosa. Propendo per un atteggiamento conservativo nella speranza che nel frattempo si manifesti un compratore». Tocca poi alle parti sociali negoziare duttilmente i criteri e minimizzare il costo al contribuente. «Se c’è la mediazione dei corpi sociali viene meno anche il timore di un ritorno assoluto dello Stato».