Le mire espansionistiche di Matteo Salvini verso Sud hanno riproposto ai 5 Stelle lo stesso interrogativo che da mesi ormai li ossessiona: «Cosa vuole davvero fare Salvini?». Luigi Di Maio una risposta ce l’ha e a chi lo interroga sulle reali intenzioni del leghista risponde di aver maturato la convinzione che Salvini vuole scavallare le Europee e mettere a riparo tutto il consenso accumulato in queste breve e tumultuosa corsa di governo. Di Maio basa i suoi calcoli su un dato numerico: i sondaggi di cui i 5 Stelle sono ghiotti dicono che i sostenitori del governo gialloverde si stanno affezionando a entrambi e sarebbero pronti a mollare la Lega se dovesse tornare tra le braccia di Silvio Berlusconi. «Non lo farà, non gli conviene» ha ripetuto Di Maio, anche dopo aver saputo del l’incontro tra i due avvenuto giovedì sera a Palazzo Grazioli, qualche minuto prima del Consiglio dei ministri.
E però Di Maio sa che non può fare altro che prendere sulla parola Salvini quando il collega vice-premier rassicura, come ha fatto ieri, che «c’è il governo Lega-5 Stelle e con questo lavoriamo bene e andiamo avanti». Sì, ma avanti fino a quando? Dell’enigma leghista, che i grillini si trovano a dover sciogliere daccapo ogni giorno, è parte di un’altra voce autorevole, che invece sembra tirare verso la direzione opposta a quella di Salvini, una voce sostenuta dal coro di quei parlamentari che lite dopo lite sentono tutta la fatica e la frustrazione di lavorare gomito a gomito con i colleghi del M5S. Giancarlo Giorgetti, come racconta più di un sottosegretario testimone, in diversi incontri a Palazzo Chigi nell’ultimo mese ha dato prova della propria ruvida sincerità: «Fosse per me – avrebbe detto – questo governo sarebbe già finito». La Lega, secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, dovrebbe passare all’incasso, oppure tornare dentro l’area tradizionale del centrodestra. «Ma Matteo – è stata la conclusione di Giorgetti – non vuole… ». Ed è un po’ la stessa risposta che Salvini ha dato agli spazientiti parlamentari leghisti che, soprattutto alla Camera, dopo appena due mesi di lavori in commissione si chiedono: «Ma davvero dobbiamo continuare con questi?». Le lamentele arrivano a Giorgetti tramite il suo fidatissimo Guido Guidesi, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, uno che deve fare il lavoraccio di tenere in piedi un canale continuo tra le camere e il governo.
Igor Iezzi, capogruppo in commissione Affari costituzionali, amico personale di Salvini, è il più irrequieto. Le sue sfuriate contro i grillini e il loro modo di lavorare, il tira e molla sugli emendamenti, i reciproci blitz, sono il sintomo di un disagio che il contratto non riesce più a contenere. La fotografia della maggioranza in Parlamento è quella di un campo di battaglia, con eserciti che danno prove opposte di disciplina. «Dovete avere pazienza – è la risposta di Salvini ai deputati – da gennaio tutto sarà più semplice». E, guarda un po’, è la stessa risposta che Di Maio dà ai suoi. Arrivare a gennaio, approvare la manovra a fine dicembre, dare nuova benzina al M5S, rinvigorendo le truppe con una nuova campagna elettorale. I vertici grillini stanno mettendo a punto una strategia per affrontare il voto di maggio. L’idea è di rilanciare il modello del contratto anche in Europa, come aveva anticipato Di Maio durante le festa del M5S al Circo Massimo, a Roma. Cercare partner per costruire un’alternativa al blocco socialista-popolare ma anche a quello sovranista di Salvini. Non sarà semplice anche perché molto passerà da come finirà il braccio di ferro con Bruxelles sulla manovra e quale progetto sull’Europa e sull’Italia si intesterà la Lega. I 5 Stelle sono convinti che dentro il Carroccio Giorgetti rappresenti la continuità e le garanzie di stabilità per un sistema che ha il suo baricentro nel Nord produttivo e delle banche, strettamente legato all’Europa. E non a caso è Giorgetti che in asse con il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi proverà fino all’ultimo minuto disponibile a spingere il premier Giuseppe Conte a trattare con la commissione Ue.
Salvo miracoli, mercoledì partirà la procedura di infrazione contro l’Italia e sarà un’altra storia, un’altra campagna elettorale in cui Salvini metterà invece alla prova il suo piano: un partito della Nazione che potrebbe sfondare anche al Sud, razziando voti nelle terre di conquista del Movimento e dove ex-berlusconiani ed ex-missini sono già pronti a sventolare le bandiere del Carroccio. Questo è il grande timore di Di Maio che si agita sotto al tanfo dei rifiuti e ai fumi degli inceneritori.