Una tregua vera. Matteo Renzi infatti fa sapere che l’incontro con Giuseppe Conte della prossima settimana può anche aspettare. «Prima viene il coronavirus, ci vuole una quarantena per le polemiche». All’assemblea di Italia Viva, in una sala di via Margutta a Roma, l’ex premier non fa un solo passo indietro: sul sindaco d’Italia, sulla prescrizione, sull’abolizione del reddito di cittadinanza. Ma senza affondare. E soprattutto senza ultimatum. Capisce che l’Italia ha la testa da un’altra parte, non ha tempo per assistere a bracci di ferro. Ma mentre a poca distanza Nicola Zingaretti avverte gli alleati sul futuro (o va avanti il Conte 2 o si va al voto), le elezioni anticipate sono una follia in questa sala del centro della Capitale. È in arrivo la tempesta perfetta, «sta per manifestarsi una gravissima crisi economica, con la Cina piegata dal virus e l’America che non potrà reggere a lungo con i numeri di oggi. Dopo le elezioni presidenziali la bolla è destinata a scoppiare», dice il leader di Iv. Sembra uno scenario da governo di unità nazionale, anche se Renzi non ne fa cenno. Comunque il messaggio è chiaro: solo pensare alle urne è un grande azzardo.
Non c’è nessun voto all’orizzonte, dice Renzi. A parte una battuta su Giorgia Meloni, «leader di Fratelli d’Ungheria visto che i sovranisti fanno gli interessi anti-italiani dei Paesi di Visegrad», il perimetro in cui si muove l’azione politica dei renziani è quello della maggioranza di governo. Per gli stimoli e per le critiche. «Il voto anticipato? Sarebbe come tornare Vicolo Corto senza 20 mila lire — spiega con un richiamo al Monopoli — . Bisogna riscrivere le regole, dobbiamo mettere i cittadini in condizione di decidere altrimenti ci denunciano per stalking». Questo non significa lunga vita all’esecutivo attuale. I punti di contrasto rimangono e riguardano i pilastri dell’asse tra Conte, i 5 stelle e il Pd. L’elezione diretta del premier «non serve a Italia Viva, anzi. Per noi funzionerebbe meglio il proporzionale. Ma serve al Paese uno Stato che decide », insiste Renzi mentre all’assemblea del Pd si ratifica l’accordo sulla soglia del 5 per cento. La prescrizione non «è una bandierina», dice Maria Elena Boschi. «È la distinzione tra garantisti e giustizialisti — sottolinea Renzi — . È la differenza tra la democrazia e la dittatura. Ed è quello che ci distingue, noi riformisti da una parte e i populisti beceri dall’altra ». Naturalmente il riferimento diretto non è al Pd, ma ai grillini. Però «vedo ex compagni incoerenti per pseudo ragioni di Stato», sottolinea Renzi.
Italia Viva sta anche preparando una legge contro il reddito di cittadinanza «che non ha abolito la povertà », non porta lavoro e sottrae risorse agli investimenti. Sarà un’altra spina nel percorso dell’esecutivo. Ma oggi no. «Oggi ci stringiamo intorno alle istituzioni, al capo dello Stato. Quando un Paese soffre si fa così».
Renzi ripete che il suo partito non vuole far cadere il governo. «Semmai il nostro invito è ad alzarsi». Senza dimettersi da riformisti, precisa. A meno che l’esecutivo non preferisca i cosiddetti “responsabili” a Iv: «Prego accomodatevi, in questo caso ». Ma la pattuglia renziana appare solida. L’ex premier lascia intendere che Dario Franceschini aveva tentato di “prendere” qualche parlamentare di Iv. «Un ex compagno di strada voleva portarci via qualcuno. Quello della favola della rana e dello scorpione. Ma se fai una cosa è bene che ci riesci».
Attacco respinto e tutte le condizioni precedenti che rimangono valide. Resta soltanto da stabilire quando farle marciare in Parlamento. Non prima del faccia a faccia tra Renzi e Conte. Il sindaco d’Italia, ad esempio, «è una proposta che piace a molti partiti ed esponenti politici », avverte la Boschi. Se si avvia un tavolo sulle riforme di questa portata, le urne anticipate spariscono dall’orizzonte.