Oggi stesso il cosiddetto Germanicum, la legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 5% sul modello tedesco sui cui spingono Pd, M5s e Iv, inizierà il proprio iter parlamentare in commissione Affari costituzionali alla Camera. Il giorno prima – non a caso – della decisione della Corte costituzionale sull’ammissibilità del quesito della Lega che va nella direzione esattamente opposta, ossia un maggioritario secco basato interamente sui collegi uninominali come in Gran Bretagna. Come già nel 2014 (quando fu bocciato il Porcellum) e nel 2017 (quando fu bocciato l’Italicum), i giudici costituzionali si troveranno domani di nuovo al crocevia della politica italiana. Da qui il “pressing” dei partiti.
Da una parte il Pd che elogia il Germanicum appena presentato a Montecitorio con Dario Franceschini: «Il sistema proporzionale con sbarramento al 5% pone vincoli meno stringenti prima delle elezioni: si può salvare il bipolarismo e formare dei poli meno forzati dalla legge elettorale». Dall’altra Matteo Salvini che boccia il possibile ritorno al proporzionale («niente passi indietro di trent’anni col proporzionale che resuscita venti partiti e partitini») e soprattutto fa una importante apertura per il ripristino del Mattarellum, il sistema composto da 75% di collegi uninominali e 25% di proporzionale con sui si è votato dal 1994 al 2001: «Sosteniamo il Mattarellum, legge elettorale già sperimentata, efficace, garanzia di stabilità e serietà». Un modo anche questo di influenzare la Corte, dal momento che il modello proposto come mediazione dal leader della Lega porta il nome dell’attuale Capo dello Stato. E vicine al Capo dello Stato Sergio Mattarella sono considerate sia la neo presidente della Corte Marta Cartabia sia la relatrice Daria De Petris.
Proprio il Mattarellum potrebbe essere secondo molti osservatori l’approdo finale in caso di sì della Consulta al quesito messo a punto da Roberto Calderoli, magari con un accordo bipartisan volto a evitare il ricorso al voto popolare. Un approdo che cambierebbe totalmente il quadro politico, dal momento che spingerebbe alla formazione di coalizioni pre-elettorali e alla bipolarizzazione della competizione politica rendendo così la vita difficile a tutti i progetti di “terza via”: da quello di Matteo Renzi con la sua Italia Viva a quello evocato spesso in questi mesi da Luigi Di Maio per il M5s. Di certo il sì al quesito della Lega finirebbe per blindare governo e legislatura: nessuno nella maggioranza oserebbe a quel punto staccare la spina per consegnare il Parlamento, per di più ridotto nel numero di eletti, a Salvini.
Fiato sospeso di tutta la politica, dunque, fino a domani sera. Fare previsioni stavolta è più difficile del solito: anche i costituzionalisti ritengono la questione aperta. Su un unico punto concordano tutti: il motivo della possibile bocciatura potrebbe essere la non immediata applicabilità, dal momento che i collegi uninominali andrebbero disegnati in base alla delega al governo sul taglio del numero dei parlamentari. Non è mai accaduto. Anche il quesito Segni che portò poi al Mattarellum aveva i collegi già pronti, quelli già esistenti per il Senato.