Contratti a tempo determinato contingentati, caricati di uno 0,5% contributivo in più ad ogni rinnovo e licenziamenti salati. Il decreto dignità ha provocato un’alzata di scudi delle categorie economiche. Soprattutto a Nord e in quel Veneto della ripresa che si regge sulle Pmi. A sottoscrivere il cahier de doleances di artigiani, confindustriali e albergatori c’è anche Antonio «Toni» Da Re, segretario della Lega in Veneto: «Così si tagliano le gambe alle imprese, il decreto va cambiato».
Alle critiche, Luigi Di Maio non ha fatto una piega, lei che è in prima linea in Veneto dove votano Lega sia gli iscritti alla Cgil che gli imprenditori, che ne pensa?
«Penso che il decreto sia stato steso con le migliori intenzioni ma che, a conti fatti, tolti gli interventi sacrosanti sul contrasto alla ludopatia, sia da riscrivere».
Qual è il pacchetto di provvedimenti che la preoccupa di più?
«Quello sui rapporti di lavoro. A queste condizioni non è che ci penserei due volte ad assumere qualcuno, non lo assumerei affatto. E parlo con cognizione di causa. Ho aperto la mia partita Iva a 23 anni e ce l’ho ancora a 65. Ho fatto il benzinaio per trent’anni mentre ora ho tenuto solo l’autolavaggio. Vincolare i contratti a tempo determinato è una strada pericolosa che porta al lavoro nero e all’evasione. Le industrie venete sono microimprese con esigenze di manodopera che mutano. La flessibilità è fondamentale e la parola magica è, piuttosto, riduzione del costo del lavoro».
A sentire Di Maio è ora che gli imprenditori investano di più sui dipendenti…
«Secondo lei a un imprenditore non piacerebbe poter assumere tutti? Ma con la ripresa non possiamo frenare. E non le pare che dopo un licenziamento dodici mensilità siano sufficienti? Se non trovi lavoro in un anno, dalle mie parti, significa che non hai voglia di lavorare».
E della riforma del redditometro?
«Che studi di settore e redditometro andrebbero aboliti tout court. Prendiamo il mio autolavaggio, si ragiona come se splendesse il sole tutto l’anno ma quando piove il lavoro rallenta. Sogno il modello canadese. Mio cognato vive lì dove c’è una tassa fissa al 30% per imprese e partite Iva, tutti scaricano tutto, cappuccino compreso, e vale per imprese e per dipendenti».
Lotta alla ludopatia a parte, non salva altro del decreto dignità?
«I deterrenti per la delocalizzazione non sono sbagliati. Del resto il reshoring è un fenomeno noto a Nordest, i benefici delle produzioni spostate in Romania si sono rivelati meno travolgenti del previsto».
Matteo Salvini ha definito il decreto «un buon inizio» e pare che sarà il parlamento a cambiare i connotati a suon di emendamenti. Dice che l’alleanza fra Lega e M5S reggerà?
«Arrivare a un punto di rottura non conviene a nessuno. Ci siamo impegnati a governare insieme, al di là dei mal di pancia. Il matrimonio vive di compromessi».