Alfredo Ramponi non ha dimenticato la lezione che gli diede un giorno suo padre: «Negli affari, mai dire no». E non ha trascurato di coltivare i suoi sogni. Così, quando l’azienda paterna che produceva le testine per pulire i 33 giri è andata in crisi, colpita e affondata dai Cd, il giovane imprenditore (aveva 25 anni) ha usato i macchinari per stampare materie plastiche su ordinazione: di tutto, di più. Ma da appassionato di gemmologia, l’ambizione era riuscire a riprodurre minerali e pietre preziose, in plastica. «Per darci un tono, dicevamo: cristallo sintetico. Invece, era esattamente come il plexiglass», ricorda Ramponi.
Peccato che in quegli anni l’alta moda usava solo accessori e ornamenti di vetro, più pesanti e costosi. Così, per far conoscere la sua produzione di pietre, strass, borchie, rivette e castoni, «Mr Swarovski di plastica» ha iniziato a girare per le fiere specializzate. Finché non ha incontrato un giovane stilista parigino che aveva scelto Parabiago (Milano) come sito per produrre le sue scarpe da donna dalla suola scarlatta.
«Christian Louboutin è stato il nostro primo cliente. Grazie a lui e al passaparola, abbiamo iniziato a produrre per Armani, D&G, Gucci». Una dozzina di colossi della moda mondiale, che nel frattempo diventava matta per decorazioni di ogni tipo su abiti, scarpe, borsette. In pochi anni l’azienda comasca prende il volo, arrivando a fatturare 20,5 milioni nel 2016 con un utile netto di oltre 3 milioni, diversi insediamenti, tutti in Italia, per un totale di 4.500 metri quadrati, un centinaio di dipendenti. Lo scorso anno, però, la Ramponi srl ha segnato un calo del giro d’affari (17 milioni) e 1,7 milioni di utili «anche perché abbiamo subito la concorrenza sleale di un competitor. Siamo finiti in un contenzioso e il Tribunale di Brescia ci ha dato ragione. Chiederemo il risarcimento», garantisce Ramponi. Che guarda avanti: a settembre sbarcherà all’Aim di Piazza Affari: advisory dell’operazione sarà la Arpe group di Fabio Arpe.
«Un obiettivo è l’acquisizione di altre società per ampliare le fasi della lavorazioni». L’imprenditore anticipa alcune mosse strategiche come l’offerta di un servizio a 360 gradi. «Il cliente ci dà il tessuto o la pelle, noi inseriamo le borchie termoadesive o griffate, gli strass, le pietre. Attraverso la laseratura e i macchinari robotizzati. Ma anche con il ricamo e la manualità: qui c’è ancora lavoro artigianale». Per evitare il rischio di servire solo la moda, Ramponi è pronto a entrare almeno in un altro settore molto forte del made in Italy (anche sul lato export) che però finora è top secret. «Abbiamo fatto molta ricerca e realizzato prototipi», assicura. Entro fine anno partiranno le produzioni.
*L’Economia, 7 maggio 2018