Game over, partita chiusa. Domani, a meno di sorprese, il sovranista Marcello Foa non avrà i numeri per diventare presidente della Rai. A 24 ore dalla riunione in Vigilanza che avrebbe dovuto incoronare l’ex inviato del ” Giornale” alla guida della tv pubblica, Antonio Tajani blinda il no di Berlusconi, formalizzando il voto contrario (e decisivo) di Forza Italia.
« Siamo rammaricati ma non possiamo dire sì al candidato indicato dal governo » , annuncia il vice- leader azzurro da Mestre. « La legge prevede che sia il Parlamento a decidere chi è il presidente della Rai attraverso la commissione bicamerale, dove è necessaria una maggioranza qualificata » , spiega. « Non sono state rispettate le regole » . Senza contare che « quando si fa parte di una coalizione, non si può presentare un nome dicendo di prendere o lasciare » , precisa Tajani, esortando la Lega a tornare nel centrodestra. « Non siamo al mercato, non si tratta di vendere posti in cambio di voti».
Il segnale che il Cavaliere è ancora molto irritato e deciso a tenere il punto. « Su questa questione non cediamo di un millimetro», è tornato a ribadire in serata. Chiaro il messaggio indirizzato all’alleato padano: si parte solo da un nuovo nome, non facciamo trattative al ribasso. A dispetto delle minacce di rottura della coalizione, lanciate da Salvini. E dei ramoscelli d’ulivo agitati dall’ala aperturista capeggiata da Giovanni Toti: «Io non trasformerei la Vigilanza in una Sarajevo e il povero Foa nel principe ereditario d’Austria. Cerchiamo di essere ragionevoli » . E siccome i Fratelli d’Italia hanno invece deciso d’accodarsi a M5S e Lega, facendo lievitare da 21 a 23 i voti favorevoli in Vigilanza, al giornalista e manager italo- svizzero ne mancano ancora 4 (solo 3 se si calcola che per prassi il presidente della Commissione si astiene) per raggiungere il quorum dei due terzi. Sì che possono venire solo da Forza Italia. Tenuto conto delle barricate alzate da Pd e Leu, che ieri hanno addirittura lanciato un appello a disertare i lavori per protesta.
Un’impasse che spiegherebbe le voci di un ” piano B” cominciate a circolare fin dal pomeriggio. Se domani Foa dovesse essere bocciato,potrebbe infatti rifiutarsi di restare nel board Rai come semplice consigliere d’amministrazione. Non solo per una questione d’orgoglio o di prestigio, anche per via dello stipendio: da amministratore delegato del gruppo che edita il Corriere del Ticino guadagna almeno tre volte di più di quanto prenderebbe restando nella tv pubblica senza galloni. E allora, escludendo la revoca da parte dell’azionista (il ministero dell’Economia), resterebbe la carta delle dimissioni volontarie. Ed è qui che entrerebbe in gioco Giorgia Meloni e i rumors di un possibile accordo con Salvini per puntare su Giampaolo Rossi, eletto dalla Camera nel cda Rai su indicazione di Fdi, che peraltro presenta un profilo sovranista e identitario addirittura più marcato di quello di Foa. Ma, se venisse proposto (e non imposto) agli alleati di centrodestra, potrebbe non dispiacerebbe affatto a Fi. Fermo restando che il leader della Lega fino all’ultimo proverà a far passare la sua prima scelta. Anche perché si aprirebbe un problema col contraente di governo: il “piano B” del M5S potrebbe infatti puntare sull’ex direttore del Tg3 Antonio Di Bella.
E mentre il presidente della Camera Roberto Fico avalla la scelta del governo su Foa, « è legittima, è la legge fatta Renzi che è sbagliata e va cambiata » , in Viale Mazzini il passaggio di consegne tra l’ex dg Mario Orfeo e il nuovo ad Fabrizio Salini si conclude con la conferma del ritorno di Fiorello in Rai: in autunno sarà mega-show. Niente male come regalo d’addio.