Torino, 1919. «Signor Levi, le propongo un affare fantastico: perché non fabbrica anche lei penne stilografiche a Torino?». Un giovane ragioniere intraprendente guarda dritto negli occhi un noto industriale tessile di Torino, Isaia Levi. L’imprenditore è intrigato dalla proposta del giovanotto che gli sta davanti. Se Torino è nota per aver dato i natali al Regno e se è famosa per le sue pasticcerie, il cioccolato, l’industria automobilistica e quella tessile, non potrebbe diventare la “capitale” della penna stilografica? Qualche giorno dopo comincia l’avventura: «Buongiorno, devo registrare una nuova società». Il funzionario della Camera di Commercio solleva lo sguardo dalle carte e stringe le labbra in segno di considerazione: «Nome della società?». «Fabbrica italiana di penne a serbatoio Aurora».
Torino, 1889. Un certo Cesare Verona importa in Italia le prime macchine per scrivere di produzione americana Remington. La sua attività comincia in pieno centro a Torino, a una quindicina di minuti a piedi dal luogo in cui sorgerà la fabbrica dell’Aurora.
Cesare Verona è il bisnonno da cui l’autore di “Questione di Stilo” ha preso il nome: discendente di una famiglia legata al mondo della scrittura da quattro generazioni, Cesare Verona è oggi alla guida di Aurora, azienda italiana leader nella produzione di penne stilografiche che grazie alla sua expertise ha saputo coniugare tradizione e innovazione e conquistare i mercati internazionali. Sarà dunque il quarto patron di Aurora a raccontare la storia della più importante fabbrica italiana di penne stilografiche. È andata così: in questo incrocio “siderale” tra macchine per scrivere e penne stilografiche c’è tutto il paradosso di una storia che ha compiuto ben cento anni.