Da un negozio di scarpe a una catena di 13 punti vendita e un canale online, con 340 collaboratori e un assortimento di 80mila articoli, il passo non è breve. Quellogiusto, nato in Veneto negli anni Novanta a partire da una bancarella, oggi è una catena «dove non è giusto soltanto il prezzo, ma anche il servizio e la qualità», spiega l’amministratore delegato Michele Rizzato, figlio del fondatore Maurizio. Lo dimostra la crescita costante del business, che non ha risentito della crisi dei centri commerciali e in generale dei negozi fisici, schiacciati da Amazon e dal commercio elettronico. Con 58 milioni di fatturato e un margine operativo lordo del 12% nel 2017, il gruppo si è allargato soprattutto nel triangolo Padova-Treviso-Vicenza, ma ha appena aperto i suoi ultimi due negozi in centro a Ferrara e a Udine e prevede una crescita del fatturato del 10% per quest’anno.
«Per arrivare a questo punto abbiamo puntato molto sulle cinque P del marketing: people, place, product, price e promotion. Volevamo distinguerci dai concorrenti accogliendo il pubblico con grandissima attenzione. Abbiamo lavorato molto sulla qualità dei negozi, sempre con finiture di standard elevato, e sull’educazione del personale, con corsi mirati non tanto alla vendita ma a imparare a stare bene con se stessi e a dare il meglio – ragiona Rizzato –. Per quanto riguarda il prezzo, cerchiamo di offrire sempre il prodotto a un prezzo inferiore rispetto ai nostri concorrenti, anche se non sempre ci riusciamo». Per combattere lo straniamento tipico dei grandi contenitori, che nel caso di Quellogiusto vanno dai 2.000 ai 3.500 metri quadri, Rizzato punta dunque a renderli «una grande boutique». Da questa filosofia deriva anche la scelta di sperimentare un nuovo format, aprendo gli ultimi negozi nel centro di due città: un’esperienza completamente nuova per il gruppo, che finora era cresciuto in un contesto immobiliare diverso.
Lo sbarco online è anche una sperimentazione interessante, ma per Quellogiusto non ha dato risultati clamorosi. «I margini sono molto ridotti e la competizione enorme, è molto difficile riuscire a fare meglio di colossi come Amazon, che non pagano le tasse come noi», fa notare Rizzato. La migrazione verso il commercio elettronico, quindi, per ora è esclusa, mentre si ragiona su possibili acquisizioni di piccole catene concorrenti in difficoltà, per crescere più rapidamente. «In questo contesto, però, è inutile pianificare troppo, meglio mantenersi flessibili e adeguarsi alle condizioni che si presentano», precisa Rizzato. Navigare a vista paga.
*L’Economia, 14 maggio 2018