A volte siamo costretti a scelte che, per salvaguardare interessi ritenuti primari, sacrificano importanti conquiste del nostro legislatore. È quanto sta accadendo nella nota vicenda della acquisizione di Carige da parte di Cassa Centrale Banca. L’evidente intento di accelerare l’espansione della propria dimensione operativa ha indotto detta banca – holding dell’omonimo gruppo di banche di credito cooperativo – ad avventurarsi in un’operazione che, prescindendo dai suoi esiti, sembra destinata a segnare la fine dell’essenza cooperativa nell’aggregato di enti creditizi che fa capo alla Cassa Centrale.
La valutazione delle forme tecniche di tale intervento non lascia adito a dubbi in ordine alla reale portata dello stesso, orientato non alla mera acquisizione di una limitata quota partecipativa in Carige, bensì alla realizzazione di un «piano industriale» incentrato sul potenziale apporto della banca ligure. Da qui l’ovvia prospettiva di addivenire, in tempi brevi, al controllo di quest’ultima. È di intuitiva percezione quale e quanta sia la negativa incidenza di questo progetto strategico sull’osservanza dei criteri informatori della legge di riforma delle Bcc (n. 49/2016)! Cassa Centrale Banca è in pista per un percorso che sposta la sua azione nell’ambito tipicamente proprio delle società di capitale.
In altra sede ho avuto modo di sottolineare che tale decisione – presa senza un preventivo formale assenso delle banche aderenti al gruppo – ha riguardo, con tutta probabilità, all’utilizzo delle risorse finanziarie destinate alla realizzazione del cross-guarantee scheme, noto meccanismo di solidarietà infra gruppo. Va ora detto che la Cassa, a ben considerare, intende spostare il suo agire in un contesto lontano dalla logica cooperativa. Sorgono fondate perplessità in ordine all’efficacia del monito del Governatore della Banca d’Italia alle due capogruppo di recente istituzione: «rafforzare la solidità complessiva della categoria, mantenendone la natura mutualistica» (Considerazioni finali, 2018). È stata disattesa la raccomandazione di un esponente dell’Organo di vigilanza secondo cui «le strategie industriali» delle capogruppo devono essere coerenti «con le finalità mutualistiche e di sostegno allo sviluppo dei mercati locali» (Carmelo Barbagallo). Più in generale, divengono riproponibili i dubbi di legittimità costituzionale da più parti prospettati sulla riforma delle Bcc; dubbi fondati sulla distinzione tra società cooperative e di capitale (caratterizzate, le prime, dall’intento di un sostegno reciproco, le seconde dall’obiettivo di arricchire i singoli soci). Ed invero, la Cassa – proponendosi l’esercizio di un’attività economica finalizzata a scopi di lucro – abbandona lo scopo mutualistico, a fondamento del quale non v’è la centralità del «profitto, per dividerlo fra i soci, ma lo scambio mutualistico» (Fabrizio Onida).
Sorprende, peraltro, che tale vicenda si svolga sotto l’occhio vigile delle autorità di supervisione. Evidentemente ancora una volta il perseguimento di una finalità primaria (salvataggio di Carige) fa premio sull’osservanza della coerenza sistemica in subiecta materia ovvero consente di ipotizzare – come legittima – l’introduzione di correttivi alla rigidità di una riforma che si proponeva di tener ferma «la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata», prevista dall’art. 45 Cost. In questo secondo caso, sarebbe opportuno, peraltro, procedere (in una logica compensativa) anche a modifiche disciplinari relative al «contratto di adesione» che lega le Bcc alla capogruppo, sì che venga restituita almeno parte dell’autonomia gestionale ad esse sottratta. In tale logica, i processi aggregativi infragruppo dovrebbero essere limitati ai salvataggi di banche in difficoltà ovvero alle fusioni liberamente determinate dalle partecipanti.
In tale ordine logico, sarebbe bene addivenire ad una ridefinizione dei profili rilevanti ai fini dello status di banche mutualistiche a carattere territoriale; l’occasione è, altresì, propizia per una revisione critica del vincolo (coattivamente imposto alle Bcc) che impedisce alle affiliate a un gruppo cooperativo di transitare liberamente ad un altro che presenti un sistema bilanciato di presidi e tutele della cooperazione.
Ex ordinario di Diritto dell’Economia presso la Luiss, Capriglione è professore straordinario presso l’Università Telematica Marconi