Circa tre quarti dei mille imprenditori che affollavano ieri a Busto Arsizio l’assemblea della Confindustria di Varese il 4 marzo ha votato convintamente Lega. Eppure a osservarne le reazioni e ad ascoltarne le voci nessuno sembra avere voglia di uscire dall’euro. Ancora una volta, infatti, il presidente Vincenzo Boccia ha esibito davanti alla sua base il suo schietto europeismo e non solo nessuno lo ha fischiato o contestato ma ha incassato la solita dose di applausi. Come la pensi Boccia sulla crisi politico-istituzionale che si è aperta, nessuno ieri a Busto poteva avere dubbi. «L’uscita dall’euro è una cosa assurda e inconcepibile, sarebbe la fine dell’Italia in termini economici» ha affermato Boccia e subito dopo ha aggiunto di avere la netta sensazione che «alcuni politici non conoscono l’abc dell’economia». Mancava solo l’identikit di Matteo Salvini e Luigi Di Maio e il cerchio si sarebbe chiuso.
La provincia di Varese è la storica roccaforte leghista, il “Cremlino del Carroccio”, e il legame tra camicie verdi e imprenditoria locale è antropologico prima ancora che politico. È di conseguenza un ottimo test per capire cosa passa per la testa degli industriali che devono fare i conti con il rallentamento della ripresa, che faticano a trovare i tecnici che servirebbero loro e che coltivano però l’orgoglio di essere la 14ª provincia manifatturiera d’Europa. Per Roberto Maroni, presente come tutti gli anni all’assemblea, «se Salvini imposta la campagna elettorale sul referendum antieuro fa un errore perché questi imprenditori non lo seguirebbero, loro in Europa ci stanno e alla grande». Ma vedrete che non lo farà — aggiunge — «spingerà più sui temi del sovranismo politico e dell’immigrazione».
Raccogliendo opinioni in platea appare chiaro come gli imprenditori varesotti non siano dei campioni dell’euroscetticismo. Sintetizza per tutti Flavio Radice, titolare della Pietro Carnaghi, uno dei gruppi vanto dell’automazione made in Italy: «Sono spaventato, solo un pazzo potrebbe uscire dall’euro oggi. Nei prossimi tre mesi l’Europa prenderà decisioni importanti e noi non avremo voce in capitolo. Ce la faranno pagare». Una conferma viene da Alfredo Mariotti, direttore dell’Ucimu/Confindustria, il settore che produce le macchine per il 4.0: «L’uscita dall’euro equivarrebbe a un suicidio, la lira varrebbe subito il 30-40% in meno. E meno male che gli incentivi per il 4.0 sono stati già finanziati altrimenti avremmo perso anche questo treno».
Spiega Federico Visconti, rettore della Libera università di Castellanza: «Gli imprenditori votano Lega soprattutto per il buongoverno degli amministratori sul territorio ma davanti all’uscita dalla Ue quel consenso non è più sicuro e garantito. Non riesco nemmeno a immaginare le imprese varesotte fuori dall’Europa». E il ritorno alla svalutazione competitiva non può attrarre le imprese meno coraggiose e internazionalizzate? «Siamo un Paese trasformatore — risponde Mariotti — non abbiamo abbondanza di materie prime, pagheremmo a carissimo prezzo tutti i beni intermedi che siamo costretti a importare». Una valutazione più politica arriva infine da Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia: «I partiti dovrebbero parlare di lavoro e invece mettono al primo posto i loro interessi. E non va bene affatto. Quanto al presidente Mattarella ha esercitato il suo ruolo come previsto dalle regole. Se non van bene le cambino ma il capo dello Stato ha osservato la legge».