Non succede spesso in una democrazia avanzata che il ministro dell’Interno discuta in pubblico di come utilizzare il risparmio dei propri connazionali. Ieri Matteo Salvini lo ha fatto in una pausa dell’incontro con i suoi pari gradi di vari Paesi europei a Lione: «La forza dell’Italia, che nessun altro degli amici seduti al tavolo oggi ha, né i francesi, né gli spagnoli – ha detto il vicepremier – è un risparmio privato che non ha eguali al mondo. Per il momento è silenzioso e viene investito in titoli stranieri. Io sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano».
L’affermazione di Salvini non è esattamente corretta, nella misura in cui il tasso di risparmio delle famiglie oggi è sceso quasi a livello di quelle americane e i loro patrimoni hanno perso circa il 15% del loro valore – secondo le stime di Banca d’Italia e Istat – negli ultimi dieci anni. Resta però il fatto che i depositi liquidi delle famiglie italiane valgono oggi poco meno di 1.200 miliardi di euro, in continuo aumento dal 2013 proprio mentre gli stessi risparmiatori negli ultimi sette anni hanno ridotto l’esposizione in titoli di Stato di circa ottanta miliardi.
Non sorprende dunque che il governo guardi a loro, dato il calendario che lo aspetta. Non tanto quello imminente, con le aste di titoli a breve di oggi e quelle per circa sette miliardi a medio-lungo termine domani. Ma già se si guarda un po’ avanti il percorso di presenta intenso, dato che il Tesoro molto probabilmente deve collocare titoli di debito per 37-40 miliardi da oggi alla fine dell’anno. Il 26 ottobre è prevista un’asta di Ctz (buoni senza cedola) nel giorno del verdetto della prossima agenzia di rating, S&P. Il martedì seguente poi vanno piazzati altri sette miliardi circa a medio-lungo termine, proprio quando anche Moody’s starà per pronunciarsi sul rating (o lo avrà appena fatto), la Commissione Ue si sarà espressa sulla manovra, mentre l’Agenzia bancaria europea produrrà i risultati delle «prove di sforzo» delle banche appesantite dai titoli di Stato nei bilanci.
Non un solo euro di titoli in offerta può restare scoperto, se lo Stato vuole restare in sicurezza. A maggior ragione nel 2019, quando il governo deve trovare compratori di emissioni lorde a medio-lungo per circa 254 miliardi ma la Banca centrale europea ridurrà i suoi acquisti da 70 a 30 miliardi circa e gli investitori esteri potrebbero non voler rinnovare. La sfida del governo italiano è dunque imperniata sulla sua capacità di trasmettere fiducia. Normale in fondo che si guardi al risparmio delle famiglie per assicurare liquidità al debito. Purché a loro si sappia offrire, invece di inviti pressanti, proprio la fiducia che serve a farle investire in piena libertà.