Pesano molto negli equilibri della prossima manovra. E il loro destino è appeso all’esito di questa tornata elettorale per le europee e anche per le amministrative. Si tratta degli 8-10 miliardi che potrebbero essere assorbiti dal primo assaggio della Flat tax per le famiglie su cui punta la Lega, dal salario minimo, caro ai Cinque stelle, e dal “tesoretto” in cui a fine anno saranno trasformate le risorse inutilizzate dei due “fondoni” per reddito di cittadinanza e quota 100. Una maxi-posta che potrebbe ridursi, trasformarsi o riconvertirsi ad altre finalità anche sulla base dei nuovi rapporti di forza nella maggioranza per effetto del risultato delle urne.
La Lega ha già annunciato che subito dopo la chiusura delle urne la partita politica si giocherà tutta su realizzazione delle grandi opere, Tav in primis, capitolo “autonomie” e Flat tax. Tre fronti sui quali si misurerà la tenuta del governo. Ma, anche nel caso in cui nelle prossime settimane non dovessero soffiare venti di crisi, la “tassa piatta” per le famiglie diventerà in ogni caso uno dei banchi di prova cruciali per la composizione della legge di bilancio autunnale. Il progetto del Carroccio se attuato integralmente costerebbe poco meno di 15 miliardi, mentre con un eventuale primo “step” nell’ambito di un’operazione progressiva, l’onere si potrebbe fermare tra i 5 e i 7 miliardi. Ma i Cinque stelle non vedono di buon occhio questo intervento perché preferirebbero indirizzare le stesse risorse su salario minimo, taglio del cuneo e famiglia. E anche il ministro dell’Economia Tria nicchia, preoccupato per il costo della misura che diventerebbe insostenibile con la contemporanea piena sterilizzazione degli aumenti Iva da oltre 23 miliardi per il 2020.
Il salario minimo, inserito tra le priorità del Movimento cinque stelle, è citato anche dal Def presentato dal governo “gialloverde”. In Parlamento, precisamente al Senato, giace già un apposita proposta di legge dei pentastellati. Il costo della misura oscillerebbe attorno agli 1-1,6 miliardi annui. Per la Lega però non si tratta di una priorità, al contrario della Flat tax. Insieme questi due interventi potrebbero assorbire dai 6 ai 9 miliardi. Il Governo in autunno o, al più tardi a fine anno, potrebbe ritrovarsi sul tavolo 1,3-1,5 miliardi di risorse non spese per reddito di cittadinanza (non meno di un miliardo) e quota 100 (100-200 milioni come minimo) a causa del numero più contenuto di domande approvate dell’Inps rispetto a quello ipotizzato al momento del varo dell’ultima manovra. Come è noto, queste somme possono essere utilizzate solo in sede di “consuntivo” (quindi, non subito) e rispettando il perimetro contabile di quest’anno. Vincoli precisi, dunque. Meno precisa appare la strategia della maggioranza, con i Cinque stelle che premono per destinare le risorse “in più” del reddito di cittadinanza agli interventi per la famiglia, mentre in questo caso il Carroccio non si opporrebbe alla richiesta del ministero dell’Economia di utilizzarle per la riduzione del deficit. Con il risultato di irrobustire così, seppure a distanza di qualche mese, la clausola sulla spesa da 2 miliardi (sotto forma di congelamento per il 2019 di alcune “uscite” dei ministeri) già concordata nel dicembre scorso con Bruxelles e prevista dall’ultima manovra. In tutto, dunque, oscillano tra gli 8 e i 10 i miliardi appesi al risultato elettorale, al netto delle ricadute che il verdetto delle europee nel suo complesso produrrà sulla trattativa per ottenere nuovi spazi di flessibilità per la prossima manovra.