La proroga dello stato d’emergenza si avvia a diventare un nodo politico meno banale di quanto avessero previsto gli ideatori dell’operazione. Si era tentato, e si tenta ancora a Palazzo Chigi, di presentare tale proroga come una questione, diciamo così, tecnica: un gesto di prudenza, quasi un atto dovuto, circoscritto.
Ovviamente Conte si è premurato di ottenere in via preliminare l’assenso della maggioranza (Pd, 5S, LeU, renziani) e non ha fatto fatica a ottenerlo, al netto di qualche distinguo, trattandosi di un passo che certo non indebolisce la coalizione: al contrario sulla carta la rende un po’ più compatta, anzi ingessata, come è accaduto nei mesi drammatici del Covid.
In ogni caso il presidente del Consiglio, parlando alla stampa, ha dedicato alla proroga poche battute frettolose, proprio a sottolineare che si tratta di ordinaria amministrazione, una mossa preventiva nell’eventualità che una “seconda ondata” del virus ci investa.
Senza dubbio Conte aveva considerato il solito malumore dell’opposizione, ma non se ne è curato. Tuttavia, aspetto meno trascurabile, c’è stata la protesta del presidente del Senato, Casellati, che ha chiesto un voto parlamentare nelle prossime ore e ha lamentato la costante sottovalutazione dell’assemblea da parte del governo. Questa uscita — a cui non si è associato il presidente della Camera — ha provocato una messa a punto di Palazzo Chigi in cui si spiega che per il momento non si vota, in quanto lo stato d’emergenza nasce da una delibera del Consiglio dei ministri che ancora si deve riunire.
Come s’intuisce, una frizione istituzionale tra il vertice del governo e la presidenza di Palazzo Madama circa il rapporto governo-Parlamento non è il miglior viatico in vista dei prossimi mesi.
Lo stato d’emergenza, concepito per una nuova crisi sanitaria, sarà in vigore, in mancanza di un ripensamento, fino al 31 dicembre (o fino al 31 ottobre). Quindi vivremo in emergenza l’autunno, il periodo in cui si teme il crollo dell’economia e non si escludono disordini sociali (vedi le parole del ministro dell’Interno). Ne deriva che la proroga “tecnica” in realtà si carica di sottintesi politici che sarebbe sbagliato minimizzare.
Non a caso due osservatori qualificati hanno espresso tutta la loro inquietudine. Su queste colonne Carlo Galli ha descritto un provvedimento «per molti versi discutibile»: sia per la mancanza di presupposti sia perché il semplice annuncio “genera tensione e allarme tra i cittadini”.
Sul Corriere della Sera Sabino Cassese ha scritto tra l’altro che è buona norma «non abusare dell’emergenza» al fine di evitare «l’accentramento di tutte le decisioni a Palazzo Chigi» (l’eccesso di decreti del presidente del Consiglio, strumento tipico della situazione d’eccezione). Del resto, osserva ancora Cassese, «il diritto eccezionale non può diventare la regola»: perché «non è fisiologico governare con mezzi eccezionali». Le conseguenze sono negative anche per l’equilibrio dei poteri: e si cita il Parlamento semi-ignorato, nonché il presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, «al cui controllo sono sottratti gli atti dettati dall’emergenza».
Ecco allora che la proroga diventa un tema politico prioritario, imponendo al governo di presentarsi in Parlamento per una discussione non di maniera. Senza dimenticare che finora le Camere non si sono espresse nemmeno sul Mes a causa dei problemi della maggioranza.