Se un settore legato alle infrastrutture ha bisogno di consolidamento, lì troviamo in azione F2i, la società di gestione del risparmio guidata dall’amministratore delegato Renato Ravanelli: «Un team italiano che investe in Italia risorse provenienti da investitori istituzionali, molti dei quali stranieri», spiega. L’ultimo ambito è quello delle telecomunicazioni, dopo gli aeroporti, la rete gas, le infrastrutture tecnologiche, le autostrade, il servizio idrico, la produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico, solare e biomasse) e le infrastrutture sociali (assistenza socio-sanitaria). A metà luglio F2i, attraverso la controllata 2i Towers, ha annunciato un’Opa da 1,6 miliardi di euro su Ei Towers, che partirà il 27 agosto per chiudersi il 5 ottobre. «Vogliamo creare il primo operatore italiano indipendente e leader nelle infrastrutture per il digitale terrestre e le telecomunicazioni, un settore strategico per l’Italia». Riparte così il risiko sulle torri. Sempre a luglio Edizione (la holding della famiglia Benetton) ha preso il controllo del 29,9% della spagnola Cellnex e negli stessi giorni hanno visto un’impennata le azioni di Rai Way, la società delle torri broadcast della Rai oggetto di un tentativo fallito di Opa da parte di Ei Tower nel 2015.
Perché entrate anche nelle telecomunicazioni?
«In realtà nelle telecomunicazioni ci siamo già con la piattaforma Irideos, attiva nei servizi a banda larga e di data center alle imprese. L’operazione Ei Towers è diversa. Se l’Opa andrà a buon fine, Mediaset cederà il controllo delle torri Ei Towers a F2i che gestirà l’infrastruttura con criteri di mercato e indipendenza: in Ei Towers noi avremo il 60% mentre Mediaset il 40%, passando da azionista di controllo a secondo azionista. Sul tavolo ci sono 2.300 torri broadcasting e oltre mille per telefonia mobile distribuite su tutto il territorio nazionale. Anche in questa operazione F2i, che agisce con il Terzo Fondo, è stato catalizzatore di capitali nazionali ed esteri su piattaforme infrastrutturali a guida italiana».
Qual è il vostro obiettivo?
«Il settore si sta già muovendo, c’è grande interesse per la telefonia mobile. Nascerà una rete di trasmissione neutrale, aperta, non verticalmente integrata, pronta a valutare in futuro aggregazioni. La nostra è una proposta significativa, il prezzo è 57 euro per azione, il 19% in più rispetto al valore degli ultimi sei mesi. Il nostro obiettivo è il delisting di Ei Towers, che permetterà la semplificazione degli assetti proprietari e una gestione più flessibile».
Cosa succede se non raggiungerete la soglia del 90% che vi siete prefissati?
«Potremo rinunciarvi e acquistare un quantitativo inferiore di azioni ma sufficiente per fondere Ei Towers in 2i Towers e raggiungere comunque il delisting».
Quali sono i vantaggi di questa operazione?
«Si separano le attività che erano verticalmente integrate perché i rilevanti investimenti in tecnologia chiamano attenzione sul core business. Nelle infrastrutture mettersi insieme, fare rete e realizzare economie di scala è fondamentale per essere competitivi. Questo vale per tutti i settori».
Anche nell’energia e nelle reti gas?
«La frammentazione non favorisce mai efficienza e qualità del servizio. L’obiettivo di F2i è mettere a rete le infrastrutture esistenti e svilupparle. I nostri investitori sono prevalentemente fondi pensione, assicurazioni, fondazioni bancarie, investitori di lungo termine che si fidano del team italiano e del sistema Paese».
Dunque negli ultimi mesi, in coincidenza del nuovo governo, gli investitori esteri non hanno dato segni di preoccupazione?
«Abbiamo ricevuto molte domande da parte degli investitori, vogliono capire cosa sta succedendo. Li abbiamo tranquillizzati spiegando che i fondamentali dell’Italia sono solidi e che il debito elevato si contrappone alla ricchezza diffusa di famiglie e imprese. Certo, chi investe in infrastrutture ha bisogno di sapere che il Paese è stabile e soprattutto che non accadrà più quanto successo in passato quando per correggere gli incentivi troppo generosi concessi alle rinnovabili sono state fatte leggi retroattive. Confidiamo invece in nuove norme chiare che favoriscano gli investimenti a supporto dello sviluppo tecnologico».
Vi state muovendo anche sull’utility Ascopiave ma i Comuni non sembra l’abbiano presa bene.
«Non vogliamo fare alcuna forzatura e saremo rispettosi delle decisioni che si prenderanno a livello locale. È tuttavia anacronistico pensare che in un settore infrastrutturale ed energetico si possa ancora operare con una prospettiva solida se si è di piccole dimensioni. In tutti i principali Paesi europei le utility sono dei colossi. Il Veneto ha bisogno di un operatore regionale forte sia per dimensione degli asset gestiti che per che solidità finanziaria. F2i vuol favorire un processo di aggregazione a livello locale. L’alternativa è che arrivino concorrenti esterni e sfruttino la debolezza altrui. Il rapporto di F2i con le amministrazioni locali è stato sempre di grande positività, come dimostra la nostra storia negli aeroporti di Milano, Torino, Napoli e Alghero. Siamo partner affidabili».