Si spera che il libro di interviste curato da Alberto Orioli finisca in fretta sulla scrivania del presidente del Consiglio. Certo, è più sobrio degli Stati Generali. Ma non è meno ambizioso. Ed è concreto. Una base di analisi e di individuazione di opportunità che può essere il pavimento sul quale costruire una politica di interventi e di riforme capace di dare senso ai denari del Recovery Fund. Una base tracciata da alcuni degli imprenditori e top manager italiani più importanti e meglio posizionati per vedere il presente e un po’ di futuro.
Coinvolgere il mondo dell’economia è una buona idea: porta capacità critica, senso della realtà e idee, qualcosa che spetterà poi alla politica trasformare in progetto. Orioli, vicedirettore del «Sole 24 Ore», ha parlato a lungo con sette protagonisti del business nazionale e il risultato — Proposta per l’Italia, edito da Einaudi Stile libero — è un viaggio nel Paese ferito dal coronavirus, dal lockdown ma anche dalle inconsistenze del passato; soprattutto, però, è di fatto un manifesto per affermare che niente è perduto, anzi le capacità e le risorse del Paese sono enormi. Non è facile ma si tratta di liberarle.
Il filo rosso che unisce le sette persone intervistate da Orioli è che nessuna ha un approccio pessimista e ognuna porta un contributo di pragmatismo a una conversazione — quella del rilancio del Paese e del Next Generation Eu — che nel dibattito pubblico è spesso generica.
È uno sguardo realista. Aprendo il libro a una pagina a caso, per dire, Federico Marchetti, Ceo della piattaforma di ecommerce Yoox Net-a-Porter, dice che gli italiani possono essere orgogliosi di come hanno risposto alla pandemia. «La verità, però, è che tutto ciò — aggiunge — non era difficile da organizzare. La parte difficile viene adesso. È la gestione del dopo lockdown».
In effetti, è su ciò che occorre fare adesso che i sette di Proposta per l’Italia si focalizzano. La realizzazione di infrastrutture, naturalmente, è una parte importante delle esigenze avanzate nel libro. Ma va messa con i piedi per terra. Il Ceo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, dice che la lista dei progetti — si tratti di strade, di linee ferroviarie, di reti di telecomunicazione — è chiara da tempo: il problema è che non si riesce a realizzarle e non sempre per mancanza di fondi. «Non ci sono indicazioni di tempi per le tappe dell’execution che consentano ai cittadini e all’Europa (che è la prima finanziatrice e il principale controllore) di verificare gli stati di attuazione — sostiene — ma l’execution è il primo fattore di credibilità di un Paese, da cui dipende la sua capacità di attrarre investimenti». Semplificazioni e riforme, dunque.
Non solo infrastrutture, però. Per Emma Marcegaglia, amministratore delegato del gruppo siderurgico omonimo e fino a pochi mesi fa presidente dell’Eni, «l’education è la priorità delle priorità nella nuova gestione degli investimenti. Anche se so bene che in genere si dice che occorrono gli investimenti, le grandi opere et similia». Orientamento condiviso da Carlo Messina, il Ceo di Intesa Sanpaolo: «Le risorse a disposizione devono essere spese in modo da garantire una crescita inclusiva, sostenibile, equa. Penso si debba partire dagli investimenti in capitale umano, dal nostro sistema educativo e dai giovani».
Andrea Illy, presidente della Illycaffè, ritiene che sia arrivato «il tempo di fare le riforme, tutte le riforme che non abbiamo fatto finora». A cominciare da quelle istituzionali. Il fondatore della Diesel, Renzo Rosso, è convinto che sul versante della sostenibilità noi italiani «potremmo fare davvero qualcosa di epocale e di fantastico», iniziando dal riportare le filiere del tessile e della moda in Italia. Silvia Candiani, amministratore delegato di Microsoft Italia, non ritiene che la Penisola sia poi così arretrata per quel che riguarda la rete digitale: «Purtroppo — dice — allo stato dell’arte, abbiamo più rete che competenze per usarla».
*Corriere della sera, 26 settembre 2020