Descrizione
L’aria è secca, soffocante, quasi irrespirabile, e non solo a causa della siccità e degli incendi sempre più drammatici. È pesante anche sotto l’aspetto sociale, al punto che il fu California dreamin’ sembra assumere i tratti di una distopia. La lista di paradossi è impressionante: un’economia che non smette di crescere ma da cui la gente fugge per il costo della vita inaccessibile, il paradiso naturale che oggi ospita le sei città più inquinate degli Stati Uniti, gli studenti di una delle università più prestigiose del mondo che vivono in tenda, incapaci di far fronte alle spese di un affitto, l’agricoltura che segue un modello insostenibile di colture ad alto consumo idrico in uno stato afflitto dalla siccità… Il fatto che questa (ex?) terra promessa sia considerata la fucina del mondo che verrà ha qualcosa di inquietante (succederà anche da noi?) ma allo stesso tempo rassicurante. Sì, perché in California il vento non smette mai di soffiare, e in molti ambiti l’aria sta cambiando, è fresca e frizzante, e la pressione è alta nel mondo della cultura. Gli esempi sono tanti: una nuova generazione di scrittori asiatici americani si sta ribellando alla narrazione monolitica della «minoranza modello» – docile e stacanovista – che è sempre stata lo specchio di un doppio razzismo rivolto anche verso gli afroamericani, «colpevoli» di non avere lo stesso successo e che a loro volta stanno combattendo contro la gentrificazione e lo «sbiancamento» di città come San Francisco e Los Angeles. In quest’epoca di ripensamento storico, pregna di gesti simbolici come la restituzione delle terre ai nativi, non c’è più spazio per i miti fondativi colonizzatori, è necessario risalire al peccato originale, «disimparare la storia ufficiale» perché, come scrive Francisco Cantú: «L’unico vero modo di onorare un posto che amiamo sta nel raccontarne completamente la storia.» E allora raccontiamola, possibilmente dimenticando tutto quello che pensavamo di sapere.