Carlo Calenda arriva a sorpresa, scarpe da tennis e jeans, nell’assemblea all’Ergife in cui il Pd certifica i risultati del primo round del suo congresso, quello tra gli iscritti, e avvia il conto alla rovescia per le primarie del 3 marzo con l’obiettivo minimo di un milione di partecipanti. Sala affollata di delegati, eletti solo per l’appuntamento di ieri. Tifoserie dei candidati segretari agguerrite. Nicola Zingaretti con il 47,4%, Maurizio Martina ( 36,1) e Roberto Giachetti ( 11,1) sono arrivati in testa e sono pronti alla sfida nei gazebo. Ma a catalizzare l’attenzione è proprio l’ex ministro dello Sviluppo economico che ha promosso il manifesto “Siamoeuropei”, il fronte anti sovranista e un listone con il Pd al centro, in vista delle Europee di maggio. Del tutto accantonato. Gli eurodeputati dem, capitanati da Patrizia Toia, di documento ne presentano ieri un altro che, nell’ultima versione, ignora l’iniziativa di Calenda.
La grana scoppia al mattino e solo in extremis si evita lo strappo, anche se la lite continua. « Pace fatta. I tre candidati dopo una mattinata diciamo così burrascosa hanno confermato l’appoggio unitario a #Siamoeuropei», twitta l’ex ministro dopo avere lasciato l’assemblea, dove ha atteso quattro ore prima di poter intervenire, in coda tra i militanti iscritti a parlare. A calmare le acque c’era stata anche una telefonata tra Zingaretti e Calenda, che aveva già attaccato sempre via social: «Se il documento dei parlamentari europei rimaneggiato nelle ultime ore da Goffredo Bettini si confermerà come una operazione contro #Siamoeuropei ne prenderò atto. Non possiamo combattere su 10 fronti #chiarezza».
Nel suo discorso, in una sala semi vuota e che però lo ascolta con attenzione, Calenda non le manda a dire: « Se vogliamo fare training autogeno ora, facciamo pure, ma c’è un grandissimo problema di credibilità della nostra forza politica. Possiamo fare finta di niente qui dentro, ma fuori non funziona per un nano secondo». E mette il Pd di fronte al bivio: rinchiudersi nella propria identità o combattere per la missione di unire un largo fronte di forze europeiste.
Non mancano reciproche stoccate. Da Calenda ai dem: « Salvini ha raccolto 150 mila firme in tre ore per ” Salvini presidente” e noi 150 mila in due settimane, perché passiamo la giornata a fare distinguo tra noi». Da Zingaretti a Calenda: «Caro Carlo, c’è uno slogan pacifista che dice: se vuoi la pace, prepara la pace. Se vogliamo l’unità, prepariamo l’unità». Traduzione: basta polemiche anche da parte tua.
La convention si infiamma di parole d’ordine e standing ovation per i tre candidati segretari. Zingaretti è accompagnato da cori di “Nicola-Nicola” quando afferma: «Basta anti: anti renziani, anti franceschiniani… niente abiure » . E con foga assicura: «Basta caricature, non intendo fare nessuna alleanza e nessun accordo con i 5Stelle. Li ho sconfitti due volte, imparassero a sconfiggerli quelli che mi accusano » . Però « bisogna recuperare» quei voti ex dem che sono oggi passati nel coacervo grillino. Applausi lunghissimi vanno a Martina quando invita a una mozione di sfiducia a Salvini, indica gli avversari nel “governo della disumanità”, promette una segreteria unitaria e di partire per le Europee dalla proposta Calenda. Giachetti, il candidato più vicino a Renzi, rivendica continuità: «Molti ministri stanno con Zingaretti ma il vostro lavoro lo difendo io». A Zingaretti andranno i voti di Francesco Boccia, primo fra gli sconfitti con il 4%.