Da una parte il tasso di inflazione, al netto dei tabacchi, che scende all’1,3% rispetto all’1,4% delle stime preliminari, dall’altra i prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto che salgono e registrano su base annua un +2,7% (+2,2% il cosiddetto carrello della spesa), tanto da far temere alle associazioni dei consumatori «una stangata» sugli italiani.
Ma nel dettaglio i numeri dell’Istat ci dicono che «l’inflazione continua a essere molto bassa tenuto conto che siamo al terzo anno di ripresa economica — spiega Francesco Daveri, professore di Macroeconomia della Sda Bocconi —: la componente di fondo (quella senza gli energetici e gli alimentari freschi) si ferma a giugno allo 0,8% rispetto al giugno di un anno fa». «Viviamo in un mondo meno portato a generare inflazione quando c’è una ripresa — prosegue —. Pesano l’effetto Cina, la fabbrica del mondo che continua a produrre prodotti che costano poco che finiscono nelle tasche delle persone, e l’effetto Amazon che schiaccia la grande distribuzione. Da noi si aggiunge il fatto che i salari non aumentano. Mentre la crescita dei beni dei prodotti ad alta frequenza risente anche della componente stagionale».
L’accelerazione dell’inflazione si deve prevalentemente ai prezzi dei beni energetici non regolamentati (+9,4% rispetto a giugno 2017), dei beni alimentari non lavorati (+3,4%) e dei trasporti (+4,2%). Secondo la Coldiretti, a spingere il carrello della spesa sono gli aumenti dei prodotti alimentari, dalla verdura (+4,8%) alla frutta (+7,9%). A livello geografico il Nord-Ovest mostra un’inflazione superiore alla media nazionale (+1,5%), il Nord-Est in linea (+1,3%) metre il Centro, le Isole e il Sud al di sotto (rispettivamente +1,2%, +1,1% e +1%). Di fatto c’è uno scarto tra l’inflazione acquisita e quella percepita, che risente maggiormente della crescita dei prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto. Per Federconsumatori si tratta di «un campanello d’allarme che si fa sempre più forte dal momento che l’incidenza dell’aumento dei prezzi pesa in misura notevolmente maggiore sui redditi medio-bassi».
L’Istat ieri ha diffuso anche i dati sull’industria che mostrano segnali positivi. Il settore registra a maggio il terzo mese consecutivo di crescita del fatturato (+1,7%), anche se negli ultimi tre mesi l’aumento si riduce allo 0,4%. Nel mese salgono anche gli ordinativi, segnando un incremento del 3,6% dopo la flessione di febbraio (-0,6%).