I consigli «pletorici», con oltre venti persone ben remunerate che non decidevano nulla perché tutto era in mano a una ristretta cerchia composta da presidente, amministratore delegato e qualche loro fedelissimo top manager, nelle banche sono ormai un fatto del passato. In particolare in Italia il numero degli amministratori si è molto ridotto, così come sono state tagliate molte società controllate che erano poco più che un poltronificio (e garanzia di emolumenti) per personaggi talvolta nominati per ragioni politiche o localistiche e a prescindere dalla loro preparazione tecnica.
La spinta della Bce a disboscare questi rami secchi del mondo del credito è stata efficace ma secondo la presidente della Vigilanza di Francoforte, Danièle Nouy, «le banche hanno fatto progressi ma non hanno superato l’ostacolo» del miglioramento della governance, ha detto ieri. «Continuiamo a vedere banche con troppi consiglieri e in alcune non è adeguato» il numero di indipendenti. Soprattutto «le banche devono essere più consapevoli di quanto sia importante la funzione di supervisione del board. Va reso più forte il collegamento con le funzioni di controllo interno». Attenzione anche alle retribuzioni, ha detto Sabine Lautenschläger, dell’esecutivo Bce: «Le esamineremo per vedere se contribuiscono alla solida e prudente gestione».