Ѐ Fabio Ciconte con “Chi possiede i frutti della terra” (Editori Laterza) a trionfare nella prima edizione del Premio Green Book 2023, un riconoscimento che si propone di favorire le produzioni editoriali che mettono al centro e analizzano il mondo della green economy.
Proprio ieri (6 maggio), nel corso del Festival della Green Economy, a Le Village di Credit Agricole si è tenuta la Cerimonia di Premiazione del Premio, con gli interventi di Davide Bollati, presidente Davines Group ed Ermete Realacci, presidente Fondazione Symbola e del Comitato scientifico del Festival con la conduzione di Antonio Maconi, fondatore Goodnet – Territori in Rete.
L’evento, anticipato in mattinata e nei giorni precedenti da momenti dedicati ai singoli libri finalisti, ha visto la giuria popolare protagonista del voto. Pochi i punti di distacco fra le varie opere, ma la classifica finale ha visto la vittoria di Ciconte con 54 voti, seguito da Alberto Grandi con “L’incredibile storia della neve e della sua scomparsa” (Aboca) a 45 voti. Terzo posto per Marco Stampa, Donato Calace e Nicoletta Ferro con “La sostenibilità è un’impresa” (Hoepli) a quota 43 voti. Più indietro, invece, con 33 voti Francesca Grazioli e il suo “Capitalismo carnivoro” (Il saggiatore). Chiude la classifica Luca Molinari con “La meraviglia è di tutti” (Einaudi) che si ferma a 18 voti.
A presiedere la Giuria del Premio Green Book è stato proprio Bollati che, intervenendo durante la cerimonia di premiazione, ha sottolineato l’importanza di promuovere la lettura di testi dedicati ai temi della sostenibilità anche all’interno delle imprese: “Diffondere la cultura della transizione ecologica all’interno delle aziende green – ha sottolineato – è un processo fondamentale e necessario per una crescita complessiva. Un’iniziativa come questa ha il merito di promuovere la predisposizione all’apprendimento“.
Dal canto suo Realacci ha invece sottolineato l’importanza della declinazione culturale, oltre che scientifica, della sostenibilità e citando Alexander Langer, uno degli ambientalisti più acuti che l’Italia abbia avuto, evidenzia come “la conversione ecologica si affermerà quando sarà percepita come socialmente desiderabile“.
Ma tornando al vincitore, il libro si presenta come un’inchiesta sul campo che, per la prima volta, mette in luce le nuove forme di controllo del cibo e i rischi per la biodiversità. Ogni giorno, infatti, mangiamo poche specie vegetali e pochissime varietà, tutte uguali le une alle altre. Un fatto non naturale, e che nell’ultimo secolo ha portato alla perdita del 75% delle piante e dei frutti commestibili a favore di varietà esteticamente perfette. Nell’opera Ciconte racconta come pochi e potenti gruppi industriali hanno estromesso dal mercato altre varietà, riducendo drammaticamente l’agrobiodiversità e imponendo un modello produttivo che ha radicalmente trasformato l’agricoltura, rendendo i coltivatori dei semplici licenziatari.