Ufficialmente è una giornata di riposo, trascorsa in Puglia, con i familiari,ma poi sotto sotto le polemiche lo raggiungono anche nelle ore di relax e quel Salvini che non smette di tirargli la giacchetta, ora sulla tasse, non merita una risposta formale, e infatti Conte resta in silenzio, ma un minimo di stizza filtra eccome, perché tutti «siamo bravi ad abbassare le tasse in un comizio, presenti una proposta da portare sul tavolo del governo, con le coperture, e ne discuteremo: in tanti, troppi, dimenticano di far parte dell’esecutivo», è il senso del ragionamento del presidente del Consiglio.
Poi c’è la questione Siri, qui la posizione di Conte non cambia, quando ha detto due giorni fa che non si aspetta una conta in Consiglio dei ministri è perché spera, auspica, «per senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni da parte di tutti», che avvenga qualcosa, ovvero che Siri si dimetta prima della riunione dell’esecutivo, nonostante quello che finora ha fatto, sostenuto dalle dichiarazioni di Salvini. Potrebbe essere necessario proprio un incontro fra il capo del governo e il suo vice, prima del Consiglio, per evitare una spaccatura plastica del governo, che in caso «ricadrebbe interamente nella responsabilità della Lega», dicono nello staff di Conte.
Di certo Conte è sicuro del fatto suo, sereno perché sa di aver preso una decisione ponderata, spiegata in dettaglio agli italiani, che infatti in 7 su 10 sono a favore delle dimissioni di Siri, per il resto le polemiche continue fra Di Maio e Salvini lo preoccupano ma lo lasciano allo stesso tempo in una posizione di lucido distacco: non le considera tali da mettere a repentaglio veramente il governo, non le valuta importanti a tal punto da dover intervenire, certamente si è imposto di mantenere una posizione di terzietà, «nessuno guardandomi in faccia può avere il coraggio di dire il contrario», visti gli sforzi che ha fatto sin dal primo giorno del governo per mediare, trovare sempre un punto di equilibrio, cercare di comporre i dissensi o le distanze fra i due partiti della maggioranza.
Una terzietà che Conte rivendica anche a proposito del caso Siri, che ha gestito in coscienza informando continuamente sia il diretto interessato che Salvini, sul quale ha esercitato un potere e preso una decisione solo dopo una lunga e approfondita istruttoria, motivi per i quali ritiene di essere nel giusto, assolutamente sereno, se poi veramente e malauguratamente si dovesse andare al voto, a una conta, alla riunione del governo di dopodomani, allora vorrà dire che «sarà la Lega a spiegarlo agli italiani». E non c’è dubbio che per lui sarebbe una sconfitta personale e uno sfregio all’istituzione che rappresenta, perché riterrebbe superato il limite del rispetto che si deve alla funzione di governo e al ruolo che lui stesso incarna, come capo dell’esecutivo.
Sarebbe indubbiamente una ferita, che lascerebbe degli strascichi, per questo ancora Conte non ci crede, ha fiducia nell’evitarla, farà di tutto perché non si arrivi a tanto. Ma da qui al 26 maggio non c’è dubbio che gli toccherà di ingoiare altri bocconi amari, osservando un silenzio che deriva dalla consapevolezza che i due partiti, Lega e 5 Stelle, stanno facendo una corsa polemica, tutta elettorale, difficilmente arrestabile.