Il porto di Trieste formidabile hub per il Nordest d’Italia e a servizio delle aziende regionali che incominciando finalmente a usarlo massicciamente potranno tagliare i costi del loro export. L’operazione sta diventando realtà con la messa in rete dello scalo marittimo con gli interporti di Fernetti, Cervignano e Pordenone il che fa dell’intero territorio del Friuli Venezia Giulia una piattaforma logistica fortemente sinergica.
Il panorama è stato tracciato all’Accademia udinese degli sventati da Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale oltre che di Assoporti il quale ha sostenuto che «c’è un territorio regionale che è tutta una infrastruttura intermodale e logistica che non chiede altro che di essere messa in rete, per poter usare il vero motore dei traffici che è il porto, espressione della vera relazione globale». Prigioniero in passato di visioni provincialistiche, pur mantenendo contatti con il Centro-Est Europa, solo negli ultimi anni grazie alla rivoluzione di D’Agostino il porto di Trieste è andato a proporsi agli industriali friulani e pordenonesi. La nuova filosofia sottesa alle Autorità di sistema, il fitto reticolo di collegamenti ferroviari intrecciato su buona parte dell’Europa, la regolazione delle Zone franche, il fatto che lo stesso presidente dell’Authority sia divenuto il gestore unico di un’area logistico-industriale sta facendo il resto.
Salito dai 4.900 treni movimentati nel 2015 agli 8.681 del 2017, il porto di Trieste abbatterà il record, mai raggiunto da nessuno in Italia, dei 10 mila treni nel 2018. Oggi è il primo scalo italiano per tonnellaggio totale e per traffico ferroviario, primo porto petrolifero nel Mediterraneo e undicesimo in Europa per tonnellaggio, ha attualmente attivi collegamenti intermodali in Italia (Milano, interporti di Padova e Bologna), ma soprattutto all’estero con Austria, Germania, Lussemburgo, Belgio, Ungheria,Slovacchia e Repubblica Ceca.
La tratta Trieste-Budapest ne è un emblema: «Ha avuto un boom, era una tratta completamente in mano a Capodistria e sta diventando importante per Trieste – ha spiegato D’Agostino – quindi ci fa capire che siamo competitivi su quell’area che è un’area ad altissima crescita economica». Assieme allo scalo marittimo crescono gli interporti. Quello di Fernetti sul Carso triestino dove già sostano i Tir che si imbarcano sui traghetti turchi ha acquisito due capannoni dalla Wartsila a Bagnoli della Rosandra dove si sta creando la prima Free zone industriale triestina. Quello di Cervignano, grazie a un traffico di automobili Renault Clio e Twingo prodotte a Novo Mesto in Slovenia e destinato al Nordest d’Italia si è totalmente rianimato, ma potrà conoscere un vero e proprio boom entrando ora in connessione diretta anche con il porto.
Si sta contemporaneamente rafforzando anche la cintura di piastre ferroviarie attorno al capoluogo regionale. Dal primo marzo Adriafer, società che finora gestiva solo la movimentazione ferroviaria interna al porto, al 100% di proprietà del’Authority, gestirà 10 binari a Villa Opicina. La successiva piena funzionalità del polo intermodale di Cervignano, concepito come punto di snodo per l’arrivo e la partenza delle merci, movimentate poi in entrata e uscita dal porto di Trieste con un sistema di shuttle «permetterebbe alla realtà logistica e industriale friulana – ha evidenziato il presidente – di utilizzare i servizi del porto, marittimi ma anche ferroviari intermodali, a costi che non sono quelli offerti oggi. Consentirebbe di creare quelle economie di scala alla base dei servizi marittimi e intermodali», ha spiegato.