«Dobbiamo restituire razionalità a questa discussione, stiamo parlando di un miliardo e settecento milioni su trenta». Domani la manovra di bilancio del 2020 arriverà in Parlamento, dove la maggioranza annuncia un diluvio di emendamenti sulle nuove tasse, e ai suoi interlocutori il titolare dei conti pubblici Roberto Gualtieri, anche un po’ contrariato, non nasconde le sue preoccupazioni. Questo clima di conflittualità non fa bene al governo né all’economia, continua a ripetere ai collaboratori, ai suoi viceministri e sottosegretari, nei contatti con Palazzo Chigi. Invita tutti alla calma, a trovare un quadro un po’ più ordinato del dibattito, ma anche coerenza. E si prepara alla mediazione per superare un’impasse che può diventare pericolosa, fino a mettere a rischio i saldi della manovra, che per il ministro non devono essere toccati. Anche ipotizzando un rinvio, forse al prossimo anno, delle tanto discusse tasse.
Di sicuro la stabilità, compresa quella del governo, non può essere messa a rischio dalla tassa sulla plastica e sulle auto aziendali. Meno la prima della seconda, a Gualtieri non piacciono. Le hanno tirate fuori gli altri alleati dopo aver detto no, in serie, ad un marginale riallineamento delle aliquote Iva, che avrebbe ridotto il costo della sterilizzazione, alle tasse sulle sigarette elettroniche, alla rimodulazione delle imposte di registro per vecchie e nuove case, che sarebbe servita anche per ragioni di equità. Nonostante la sorpresa per la guerra che si è scatenata nella maggioranza quando, alla fine, plastic tax e stretta sulle auto aziendali sono entrate nel testo, Gualtieri è convinto che il problema sia superabile.
L’idea su cui si sta lavorando al Tesoro, mentre anche Laura Castelli del M5S ha ammorbidito la linea, è quella di un approfondimento e di un rinvio, forse di un anno, della stretta sui fringe benefit e se necessario anche dell’imposta sulla plastica. Aprire due tavoli tecnici e coinvolgere nel confronto le imprese dei settori interessati. Se qualcosa deve essere fatto, dicono a via XX Settembre, deve essere fatto bene, anche perché queste due decisioni hanno riflessi importanti. Sulle auto aziendali, si dice al Tesoro, qualcosa va fatto perché in fondo sono sussidiate con i fondi pubblici. Ma un conto è dare tempo alle imprese per rinnovare il parco delle automobili, altro è imporre un aumento delle tasse dall’oggi al domani, col rischio di spiazzare e danneggiare tutti. Dai contribuenti, che non avrebbero possibilità di scampo, all’intero settore dell’automobile, che non si è ancora adeguato al regime delle tasse ecologiche introdotto dal 2019.
Se la tassa sulle bevande zuccherate può andare bene come è stata disegnata, anche quella su imballaggi, bottiglie e tappi di plastica, secondo il Tesoro, potrebbe essere studiata meglio, e definita dopo un approfondimento tecnico. Le imposte su cui oggi si infiammano i partiti valgono appena 1,7 miliardi sui 30 della manovra, ma la conflittualità politica può avere un costo molto maggiore, ed è possibile trovare risorse alternative a quelle tasse. Anche se bisognerà avere coraggio di fare delle scelte, perché non si può dire di no a tutto, oppure proporre qualcosa e poi prenderne le distanze.
La manovra in Parlamento può cambiare, senza per questo essere stravolta. L’importante è recuperare coerenza, misura e razionalità nel dibattito politico. Oltre, naturalmente, a rispettare gli impegni presi con la Ue. Il negoziato del Tesoro con la Commissione procede bene e a Bruxelles nessuno, fin qui, ha minacciato bocciature. Ma la dimensione della manovra, il suo impatto sui conti, l’obiettivo di deficit del 2,2% per l’anno prossimo, secondo Gualtieri, sono impegni inderogabili. Tradirli significherebbe tornare nel marasma.