Cosa stia succedendo esattamente lo sapremo forse solo fra qualche anno, con il senno del poi. Per adesso è certo che in Italia non si erano mai viste tante persone con un lavoro, bello o brutto che sia, pagato bene o (più spesso) male. Neanche prima della crisi si era arrivati a 23,38 milioni di occupati. Pochi rispetto a qualsiasi altro Paese ricco, molti in questo. Il novero include anche le persone in cassa integrazione, della quale le ore autorizzate stanno tornando a esplodere; ma questo è stato vero anche in anni recenti e il conto degli occupati comunque non era mai stato tanto alto. C’è però un’altra certezza, dai dati Istat: fra aprile e giugno, proprio quando l’Italia ha segnato il record di posti di lavoro, il prodotto interno lordo (Pil) è stato di 182 milioni più basso che negli stessi tre mesi di un anno fa. Una decrescita anche se i lavoratori che dovrebbero produrre quel Pil aumentano. Per capire cosa si muove nel motore dell’economia italiana, l’unica soluzione è confrontare il Pil con il totale delle ore lavorate. Anche queste ultime nei primi tre mesi del 2019 (i dati più recenti) sono cresciute rispetto a un anno prima, tre volte più in fretta del numero degli occupati: più persone oggi hanno un lavoro e lo svolgono in media per più ore di un anno fa. Eppure anche nei primi tre mesi del 2019 il prodotto lordo era caduto (di 240 milioni) rispetto ai primi tre mesi del 2018. Quest’anno chi lavora genera in media 36,7 euro di Pil lordi per ogni ora di impegno, negli stessi mesi del 2018 ne produceva 37,3 euro. In altri termini nell’ultimo anno c’è stato un netto calo di produttività, meno 1,5%; con gli attuali livelli di occupazione e di ore lavorate, l’Italia oggi crescerebbe il doppio della Germania nel 2019 se solo tornasse ai livelli di produttività dell’anno scorso. Invece la crescita è zero e un lavoro, di minore qualità, è spesso molto usato perché malpagato. Che le imprese stiano tagliando sugli investimenti, data l’incertezza generale nel Paese, si inizia proprio a sentire.