L’apertura di credito dei ceti produttivi al governo potrebbe finire presto.Colpa del «decreto dignità», come lo chiama il ministro dello Sviluppo e del lavoro, Luigi Di Maio, che, reintroducendo vincoli all’utilizzo dei contratti temporanei e prevedendo sanzioni salate per le imprese che delocalizzino, sta provocando forti malumori anche tra le associazioni, come la Confcommercio, dove Di Maio era stato molto applaudito solo qualche settimana fa. Ieri la sigla guidata da Carlo Sangalli ha parlato di «inaccettabile ritorno al passato sui contratti a termine», perché verrebbero ridotte da 5 a 4 le possibilità di proroga, reintrodotte le causali e imposto un contributo aggiuntivo di mezzo punto a ogni rinnovo. Negativo anche il commento della Confesercenti. Ma è soprattutto con la Confindustria, con cui i rapporti sono stati difficili fin dall’inizio, che la tensione è salita.
Ieri l’associazione guidata da Vincenzo Boccia ha svolto il consueto seminario semestrale. Il centro studi vede un rallentamento globale dell’economia e in Italia una frenata delle esportazioni e degli investimenti che portano dritti a una revisione al ribasso delle previsioni: il Pil salirà dell’1,3% quest’anno e dell’1,1% nel 2019, rispettivamente 0,2 e 0,1 punti in meno delle stime precedenti e meno dell’1,5% del 2017. Confindustria sembra credere poco alla possibilità che Bruxelles conceda nuovi margini di flessibilità sui conti pubblici e teme piuttosto che arrivi la richiesta di una manovra da 9 miliardi quest’anno e da 11 il prossimo.
Preoccupazioni raccolte e rilanciate da Boccia, che ha attaccato il governo su più fronti. «Si apra un confronto — ha chiesto il presidente —. Abbiamo letto purtroppo delle causali, delle norme per fermare le delocalizzazioni. Irrigidire le regole è un errore. Se neanche ascolti i corpi intermedi e vuoi fare la democrazia diretta, non funziona».
Al seminario ha mandato un messaggio il ministro degli Affari europei, Paolo Savona, confermando il suo euroscetticismo: «Nonostante tutti concordino sull’incompletezza dell’architettura dell’Ue, tutti però si fermano sulla soglia della risposta da dare nel caso in cui le soluzioni si dimostrassero non praticabili. Trovo questa esitazione di una drammaticità preoccupante». Per Savona, la Bce dovrebbe poter disporre degli «stessi strumenti assegnati alle principali banche centrali». Non per le critiche degli imprenditori, ma per le difficoltà di trovare le coperture, il Decreto dignità non è stato approvato dal Consiglio dei ministri di ieri sera, che si è limitato a far slittare, con un decreto ad hoc, dal primo luglio prossimo al primo gennaio 2019, l’obbligo della fattura elettronica per i distributori di carburanti.
«Il decreto è pronto ma — ha detto Di Maio con un certo disappunto — sta facendo il giro delle sette chiese, per avere le bollinature varie dai 1001 organi di questo Paese, ma lunedì o martedì sarà approvato».