La gelata sulle stime di crescita arrivata con il +0,6% calcolato da Bankitalia venerdì continua ad agitare il governo, in attesa dei dati chiave dell’Istat in calendario per il 31 gennaio. Sul rischio di correzione dei conti generato da un’ipotesi di Pil quasi dimezzata rispetto al +1% fissato come obiettivo dal governo è tornato il premier Conte. «È troppo presto per ragionare di manovra-bis», ha detto da Matera, aggiungendo che «allo stato è assolutamente da escludere» perché le misure espansive su investimenti e consumi «sono appena partite».
Il vicepremier Luigi Di Maio torna ad attaccare sulle stime di Bankitalia.«Ciò che mi lascia perplesso – ha detto – è che Bankitalia dia questi numeri il giorno dopo l’approvazione della manovra del governo, quasi a dire che adesso la recessione è colpa di quel decreto. È impossibile che sia così, ma qualora stesse per arrivare una crisi, a maggior ragione dobbiamo aiutare le fasce più deboli».
Bankitalia non commenta né entra in polemica. Ma nella retrocopertina del Bollettino si può leggere che è stato stampato l’11 gennaio. La pubblicazione dei dati avviene inoltre in base a una pianificazione annuale.
Nei calcoli di Via Nazionale, per altro, non c’è una sottovalutazione dei potenziali effetti espansivi della manovra, che nell’ultimo quadro macro-economico definito a fine anno il governo calcola in uno 0,4% aggiuntivo a un tendenziale che senza le nuove misure si fermerebbe a 0,6%. Domani a Bologna Visco è atteso alla presentazione del suo libro e non è difficile immaginare che il governatore torni sulle incognite intorno alla crescita.
Ma a parlare è prima di tutto il Bollettino diffuso venerdì. E non spiega solo che le stime «tengono conto della manovra». Aggiunge che l’«impatto più elevato sul prodotto è associato agli investimenti pubblici», su cui ieri Conte ha promesso l’avvio a stretto giro della macchina applicativa. E soprattutto precisa che a reddito e pensione di cittadinanza si è attribuito addirittura un effetto espansivo più generoso di quello che di solito si dà ai trasferimenti alle famiglie, sull’ipotesi che i soldi finiscano «prevalentemente famiglie caratterizzate da una propensione al consumo elevata». Esattamente quello a cui punta al governo anche con i disincentivi destinati a chi non spende nel mese tutto l’aiuto. Senza contare che si dà atto di un miglioramento per la discesa dello spread.
Il problema, allora, è un altro, ed è nel rapido deterioramento della congiuntura che nelle tabelle Bankitalia si traduce prima di tutto in un crollo nel ritmo degli investimenti fissi lordi, a partire da quelli in beni strumentali che passerebbero dal +5,2% dell’anno scorso al -0,3% di quest’anno. Una traiettoria del genere rischia di spingere in basso anche le stime in arrivo con l’aggiornamento successivo dei dati. È la stessa Banca d’Italia a sottolineare i «rischi di revisione al ribasso» rispetto allo stesso +0,6% che ha animato lo scontro. La prossima previsione, all’inizio della settimana, è attesa dal Fmi, e a giorni dovrebbero uscire anche i nuovi numeri targati Ref, uno dei tre centri di ricerca nel panel dell’Ufficio parlamentare di bilancio. E secondo gli ultimi calcoli non dovrebbero andare oltre un +0,2 per cento. «È chiaro che negli ultimi mesi del 2018 c’è stato un rallentamento della crescita, questo sembra il dato certo» conferma il presidente Abi, Antonio Patuelli.
A mettere un punto fermo decisivo al balletto dei decimali sarà comunque l’Istat, con i numeri sull’andamento dell’economia negli ultimi tre mesi del 2018. Un secondo trimestre negativo, dopo il -0,1% relativo al terzo trimestre, non si limiterebbe a certificare quella che il gergo definisce la «recessione tecnica». Ma metterebbe le basi della recessione vera e propria, perché il Pil è un flusso e dopo sei mesi all’ingiù servirebbe una “energia” maggiore per cambiare rotta.