Ampi settori della maggioranza di governo puntano ad allargare il solco tra piccole imprese e aziende medio-grandi, riproponendo così lo schema popolo vs élite anche in campo economico-produttivo. La realtà però si sta rivelando più complessa e una dimostrazione arriva dalle reazioni all’approvazione della legge Dignità: anche la Cna, solo per registrare l’ultima presa di posizione delle associazioni di categoria, parla di «forte delusione per le modifiche ai contratti a tempo determinato». Non è dunque la sola Confindustria a scuotere il capo ma l’universo delle imprese. Gli esperti di demoscopia ci ricordano però come una larga porzione di Piccoli lo scorso 4 marzo abbia votato per la Lega o per il Movimento 5 Stelle e gli stessi aggiungono di considerarlo soprattutto un voto «contro», una manifestazione di protesta legata al prezzo pagato dai Piccoli alla recessione 2008-2015 e alle disillusioni sul carattere taumaturgico della successiva ripresa.
Di sicuro poi la preferenza per una forte discontinuità politica i titolari delle Pmi l’hanno potuta coltivare esaminando l’ampio catalogo di promesse formulate da Lega e 5 Stelle e pescando in quel Bengodi questa o quella misura loro favorevole. Il guaio è che la competizione economica non va in soffitta solo perché le elezioni sono state vinte da uno schieramento che non la ama e così i Piccoli di fronte al rallentamento dell’economia reale scoprono di aver bisogno di una politica orientata al «per» e non la trovano. Il primo test è stato il provvedimento sull’occupazione che finisce per mettere in difficoltà le Pmi più che le multinazionali e infatti tutte le associazioni sono insorte. Il secondo e più importante test arriverà con la legge di Stabilità e avremo ampio materiale per poter aggiornare questa prima analisi. Quel che sappiamo è che la politica per ora è sorretta da un ampio consenso mentre la rappresentanza delle Pmi non attraversa il suo momento migliore. Affossare il progetto Rete Imprese Italia che doveva servire a creare una grande confederazione del ceto medio si è rivelato un clamoroso errore di miopia. La taglia, anche ai tempi dell’uno-vale-uno, conta. Eccome.