Se la recessione economica che sta colpendo l’Italia dovesse perdurare, a trascinarci fuori dalla crisi non sarà di certo la politica. La Grande Crisi del 2008/2009 – ci hanno raccontato lo scorso anno gli imprenditori Champions – è stata superata grazie ad un mix di fattori. Tra questi la solidità patrimoniale delle aziende, il ruolo strategico all’interno delle grandi catene del valore e di importanti filiere produttive (soprattutto tedesche e francesi), la capacità di innovare e di attrarre e valorizzare risorse umane di grande qualità.
Dall’indagine realizzata quest’anno da ItalyPost per L’Economia del Corriere della Sera, in collaborazione con Crédit Agricole, Equinox, auxiell e Glasford Italia, emerge che le imprese Champion hanno continuato a percorrere quel cammino virtuoso che le rende sufficientemente indipendenti dalla volatilità del mercato interno e adeguatamente equipaggiate per superare gli ostacoli che il 2019 sta ponendo loro di fronte. Anche nel 2017, infatti, hanno mantenuto tassi di crescita media del fatturato del 20%, una redditività invariata, e, addirittura migliorato leggermente la posizione finanziaria netta.
A renderle più solide ha contribuito in questi ultimi due anni una serie di fattori, non ultimo gli incentivi per il 4.0, che hanno accelerato gli investimenti in tecnologia e le hanno rese più competitive, una tassazione in diminuzione e politiche di flessibilità sul fronte del lavoro che fino al varo del «decreto dignità» hanno permesso di testare e far crescere risorse umane qualificate assorbite poi in larga parte all’interno degli organici aziendali. I primi dati di un sondaggio che stiamo conducendo sui fatturati 2018 e sulle previsioni per il 2019, sembrano indicare che, nella maggioranza dei casi, queste imprese proseguono la corsa iniziata all’indomani della crisi del 2008-2009, anche se per alcuni settori, come l’automotive e per chi opera prevalentemente nel mercato interno, emergono segnali negativi che vanno da brusche frenate a rallentamenti nell’ordine del 10-20% del fatturato.
La tenuta complessiva di queste imprese Champions, tuttavia, è un indicatore importante, perché segnala che, a prescindere da come andranno i prossimi mesi, avremo anche in futuro una pattuglia di imprese, per lo più manifatturiere, capaci di trainare il tessuto industriale e di farlo crescere. Che da sole riescano a trainare l’intero Paese appare molto difficile, ma di certo contribuiranno a fare in modo che la decrescita, verso la quale stiamo andando, possa essere meno infelice.
Il problema che intravvediamo riguarda invece il divario crescente tra queste imprese Champions e il restante tessuto imprenditoriale. Così come sembra accentuarsi un distacco con il contesto territoriale di riferimento. Sul primo fronte, se lo scorso anno le imprese Champion già evidenziavano una significativa distanza con quelle che non avevano fatto pienamente i conti con le trasformazioni richieste dalla Grande Crisi, i dati del 2017 e le proiezioni sul 2018 sembrano attestare un ulteriore allargamento del divario. Le cronache ci raccontano infatti con sempre maggiore frequenza storie di imprese dello stesso settore e segmento che registrano andamenti e performance assai lontane dalle Champions. E se l’ondata recessiva interna dovesse allungarsi sul medio-lungo periodo, pare evidente che le imprese meno capitalizzate e meno liquide sono destinate a soccombere o a finire facile preda di gruppi stranieri che stanno in ogni caso consolidando la loro presenza in Italia.