Cina e Russia. Dalla guerra commerciale alle manovre diplomatiche:Mosca rispolvera la possibilità di un vertice alla Casa Bianca tra Donald Trump e Vladimir Putin. Il primo dato certo, concreto è che da ieri sono in vigore i contro dazi imposti da Pechino su 128 prodotti americani, per un valore di 3 miliardi di dollari. È la risposta ai balzelli voluti da Trump sull’import di acciaio (25%) e di alluminio (10%). I doganieri cinesi divideranno le merci made in Usa in due categorie. Il prelievo del 25% pesa sulla carne di maiale, che da sola vale 1,1 miliardi di dollari, un terzo del pacchetto. Aliquota del 15%, invece, su circa 120 articoli: mele, uva, vino, mandorle, tubature d’acciaio.
Ma l’amministrazione di Washington è già proiettata sulla fase successiva dello scontro. Il 22 marzo Trump ha firmato il «Presidential memorandum» sulle «azioni» contro «le leggi, le politiche, le pratiche cinesi in materia di tecnologia, proprietà intellettuale e innovazione». Entro giovedì 5 aprile il segretario al Commercio Wilbur Ross renderà noto l’elenco dei beni colpiti, per 50-60 miliardi di dollari. Inoltre sempre Ross dovrà istruire «azioni contro la Cina» in sede di Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio), mentre il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, studierà «restrizioni sugli investimenti delle aziende cinesi negli Stati Uniti». Tutti e due dovranno riferire al presidente il 22 maggio. Difficile pensare a una marcia indietro improvvisa, anche se i media americani restano cauti in attesa delle comunicazioni ufficiali.
A Wall Street, invece, prevale il pessimismo. L’indice Dow Jones ha perso intorno all’1,9% e il Nasdaq, il listino tecnologico, circa il 2,7%, sommando le inquietudini suscitate dai nuovi attacchi di Trump ad Amazon. Vedremo oggi la reazione delle borse europee, che riaprono dopo la Pasquetta.
L’economia si intreccia con le relazioni politiche internazionali. Dal Cremlino arriva un segnale inaspettato. Il consigliere Yuri Ushakov è tornato sulla telefonata del 20 marzo scorso tra Trump e Vladimir Putin per riferire: «Il presidente Trump aveva invitato il nostro presidente a Washington». Più tardi la portavoce dello Studio Ovale, Sarah Sanders, non ha confermato «un invito diretto», ma «la discussione su un potenziale incontro in una serie di possibili sedi, tra le quali la Casa Bianca». Secondo le indiscrezioni raccolte nella capitale, in un primo tempo si era pensato anche a Belgrado.
Nel frattempo, però, il quadro si è complicato. Il 26 marzo il leader americano ha espulso 60 funzionari dell’intelligence russa dal territorio americano. E Mosca ha risposto tre giorni dopo con lo stesso metro.
L’ipotesi di un faccia a faccia con Putin resta nell’agenda di «The Donald», ma i tempi potrebbero allungarsi. Nel frattempo il presidente americano ha fissato un altro vertice con il premier giapponese Shinzo Abe, il 17 e 18 aprile nella residenza di Mar-a-Lago in Florida. Sono i preparativi per il summit con il dittatore nord-coreano Kim Jong-un, da tenere «entro maggio».