Per il nuovo ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, il Consiglio Ue di ieri è stato il debutto a Bruxelles. Su un tema, la transizione energetica, che sarà centrale nelle scelte di politica industriale anche in Italia. Nella sua prima intervista, partendo proprio da investimenti e politiche “green”, Patuanelli anticipa le linee guida del dicastero e le proposte per la legge di bilancio.
Il programma di governo al capitolo industria e imprese sembrava piuttosto timido. Che cosa conterrà la manovra su questi temi?
Non sono affezionato ai proclami, il capitolo industria sarà al centro della nuova legge di bilancio perché è al centro del sistema Paese, essendo la sua spina dorsale. Non amo parlare del chi e del cosa, ma del come, del metodo: la programmazione sarà all’insegna dell’ascolto e del confronto con i cosiddetti corpi intermedi, associazioni di categoria e sindacati in primis. In legge di bilancio confermeremo tutti gli strumenti che hanno spinto l’economia reale incontrando il favore delle imprese; li renderemo strutturali o comunque con un periodo minimo di tre anni. Rivedremo ciò che deve essere corretto e valuteremo com il MEF i margini per nuove misure a sostegno della crescita, soprattutto in chiave green economy dato anche l’alto moltiplicatore economico.
Come cambierà il piano Impresa 4.0? Saranno confermati iperammortamento, bonus formazione, credito imposta ricerca?
Sì, il piano ha funzionato e lo shock positivo dato agli investimenti ha segnato un’inversione del trend registrato negli anni precedenti all’introduzione delle misure 4.0. Tuttavia le misure hanno bisogno di essere rimodulate in una visione anche legata al “Green New Deal”. Adesso è inoltre necessario fornire certezza a chi fa investimenti: è difficile per un imprenditore rincorrere il rinnovo delle agevolazioni a ogni legge di bilancio. C’è bisogno della garanzia legata alla stabilità. Al momento stiamo lavorando su ogni misura così da poter assicurare da una parte la stabilità e contemporaneamente un rinnovo.
Può spiegarci meglio come saranno modificati gli strumenti?
Vorrei coniugarli in una logica di maggiore sostegno alle piccole imprese attraverso l’introduzione di alcune premialità legate all’innovazione nelle filiere o nei grandi progetti, così da arrivare a tutto il tessuto produttivo, anche a quello maggiormente periferico e non solo geograficamente. Altro aspetto è quello della formazione per accompagnare chi lavora nelle fabbriche lungo la trasformazione tecnologica. L’obiettivo è in ogni caso quello di confermare ogni misura, seppur rimodulandola affinché sia più efficace.
Il precedente governo aveva scelto di non conovocare la Cabina di regia annuale sul piano e non sembrò un segnale di attenzione. Tornerete su questa decisione?
Tra qualche giorno convocherò il “Tavolo Transizione 4.0” che sarà la sede di confronto permanente, vorrei a cadenza mensile, per discutere le proposte di tutti gli attori del comparto industriale, le associazioni di categoria anche della filiera green, i sindacati. Avrà lo scopo di accompagnare le aziende ed evitare loro gli shock dovuti ai cambiamenti che dovremo fronteggiare. Perché oltre alla sostenibilità ambientale abbiamo il dovere di garantire anche la sostenibilità sociale e quella economica. Una sorta di Tavolo Pmi ma a lunga gittata, è urgente confrontarsi e fare sintesi, mettendo a terra azioni concrete.
Ci spiega concretamente in che cosa consisterà la “svolta verde” andando oltre gli slogan di queste prime settimane di governo?
Vogliamo orientare le misure a sostegno delle imprese verso la green economy, anche all’interno della strategia per l’innovazione. Stiamo lavorando per valorizzare all’interno delle misure esistenti – iperammortamento e credito d’imposta R&S – gli investimenti su sostenibilità ed economia circolare anche attraverso una maggiore premialità in termini di incentivo fiscale. Al contempo occorre proseguire il percorso della scorsa legge di bilancio per la mobilità sostenibile e individuare interventi a carattere strutturale per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati. Dobbiamo smettere di considerare l’ambiente solo come un’emergenza, come qualcosa da salvare, da proteggere, come un compromesso a cui scendere. L’ambiente deve diventare una straordinaria occasione di crescita economica, sarà una strada che il Mise percorrerà assieme alle aziende, alle associazioni di categoria, ai sindacati. La Ue, dal canto suo, dovrà fare lo sforzo di tracciare una “Green Rule”, mettendo a sistema lo scorporo degli investimenti in sostenibilità ambientale dal deficit degli Stati membri, anche se ritengo che nel 2020 si potrà far qualcosa ma non con grandi margini, l’obiettivo più concreto è per i prossimi anni.
Dopo la frenata di Di Maio, si sente di escludere tasse su biglietti aerei, merendine, plastica?
Come ho detto a Confindustria Vicenza sabato scorso, dobbiamo riavviare a tutti i livelli il rapporto con le associazioni di categoria, con i sindacati. In questo senso le proposte devono essere condivise, non unilaterali. Il fine non è la tassazione delle merendine, ma la ricerca della soluzione per la promozione del cibo sano anche fra i più giovani, per esaltare la tradizione del nostro made in Italy in campo agroalimentare. Parlerò anche di questo venerdì al Villaggio Coldiretti. Quanto alla tassa sui biglietti aerei mi sento di escluderla.
I dati segnalano una profonda sofferenza dell’industria dell’auto. Ma nell’ultimo anno il tema non è parso al centro dell’attività del ministero. Ha in mente iniziative?
Il settore è in una seria difficoltà ciclica, convocherò quanto prima un tavolo al ministero per individuare gli strumenti più adatti a contenere e se possibile invertire la tendenza. Anche per questo settore siamo dinanzi a un momento di transizione importante, che come Stato dobbiamo accompagnare. L’ecobonus è stato uno stimolo efficace come testimoniano i dati sulle immatricolazioni dei veicoli elettrici e ibridi, ma è chiaro che serve fare di più. Farò delle proposte concrete solo dopo aver incontrato gli attori del comparto, per evitare speculazioni.
Il decreto Clima preannuncia tagli ai sussidi, ma tra questi ci sono anche misure sui costi dell’energia per l’industria. E prefigura la rottamazione auto senza incentivi per nuove vetture. Non teme contraccolpi?
Il decreto Clima non è stato ancora discusso in Consiglio dei ministri. Ciò che si è detto sul testo è tendenzialmente impreciso, in quanto le bozze circolate non erano definitive. Il nostro capo politico Luigi Di Maio è comunque stato molto chiaro e condivido la sua analisi sulla gradualità delle misure. Dobbiamo evitare qualsiasi tipo di shock per le imprese, non dimentichiamoci mai che sono le nostre Pmi, i nostri imprenditori, a dare la linfa vitale e a rendere ancora solido il futuro di questo Paese.
Le crisi aziendali sono state una spina nel fianco del suo precedessore Di Maio. C’è un numero ufficiale e aggiornato dei tavoli aperti?
È stata fatta questa domanda almeno un migliaio di volte negli ultimi sei mesi. Sembra che prima non esistessero, ma si chiamano tavoli permanenti proprio perché riguardano aziende che sono sotto il monitoraggio ministeriale anche da 10 anni in alcuni casi. I tavoli ufficiali conteggiati a luglio 2019 sono 146, e proprio per la loro natura questo numero è in linea con il benchmark degli anni passati, quando tra 2014 e 2018 si sono sempre aggirati tra i 140 del 2016 e i 167 del 2014.
In media solo una crisi su tre si risolve. Per molti al Mise mancano competenze e organizzazione per gestire questi dossier…
Al Mise l’anno scorso è stata innanzitutto strutturata una vera e propria task force che finora non esisteva, che collabora con le unità di crisi regionali e tutte le altre istituzioni. Grazie inoltre al decreto imprese questa sarà rafforzata con risorse e strumenti. Mi lasci aggiungere che ho sempre trovato ingiusta la “politicizzazione” della crisi di un’azienda e la “spettacolarizzazione” della frustrazione dei lavoratori come è spesso accaduto negli ultimi tempi. Oggi, quando si parla di crisi aziendali, servirebbe innanzitutto più rispetto da parte di tutti. Lo dico senza alcuna retorica: si parla della vita delle persone.
Il Pd bocciava come “nazionalizzazione vecchio stile” la maggioranza pubblica per Alitalia. Ora invece siete in sintonia?
Si tratta di un’operazione di mercato che il Governo ha solo favorito garantendo una partecipazione diretta del MEF e indiretta con FS. Ci tengo però a ribadire che il Mise ha il compito di vigilare sull’attività della gestione commissariale, non certo quello di indirizzare le trattative. Attendiamo fiduciosi che si chiuda il piano di rilancio industriale, poi lo discuteremo con le parti sociali. Basta annunci, l’unica priorità è rilanciare la compagnia con un’operazione di sistema. E ad ogni modo l’offerta dovrà essere presentata entro il 15 ottobre, un rinvio non è ipotizzabile.
Dal Pd vi divide anche il giudizio sui trattati di libero scambio. Resta il no al Ceta, l’accordo Ue-Canada?
Tema complesso di cui si occuperanno il nostro capo politico, il premier Conte e la diplomazia della Farnesina, potenziata dal trasferimento delle competenze sull’export dal Mise agli Esteri. Se con il Ceta avremo un’invasione di prodotti a base di glifosato che verranno a fare concorrenza alle nostre eccellenze agroalimentari, è chiaro che resterà un categorico no da parte del Movimento 5S.
Non la preoccupa il ridimensionamento del suo ministero con il passaggio alla Farnesina del commercio estero?
No, è una scelta strategica per il sistema Paese. Il Mise manterrà il concerto sul piano Made in Italy, la supervisione dell’Ice assieme alla Farnesina e quella sulle Camere di Commercio. Ma un ruolo più attivo della diplomazia sull’internazionalizzazione delle imprese potrà fare la differenza in alcuni mercati difficili – pensiamo alla firma dell’MoU sulla Via della Seta – ed emergenti, come l’India.