Esiste l’animal spirit dell’economia. E vive al Sud. In provincia di Potenza a metà degli anni Ottanta Paolo Patrone, con l’amico e socio Michele Mongiello, ha fondato e oggi guida l’azienda che porta i loro nomi. Nello stabilimento di Tito, a pochi chilometri dall’insediamento Fca di Melfi, stampano lamiere per auto, le deformano a freddo, lavorano su acciaio, alluminio e altri materiali, ma non solo. C’è un impianto di cataforesi per la verniciatura (antiruggine) sotto la scocca delle vetture e hanno da poco investito oltre otto milioni di euro nella servopressa più grande d’Italia: si può inclinare e spostare per lavorare al meglio la lamiera. «Par titi da zero, mio padre era un bracciante agricolo», racconta Patrone «oggi siamo un’azienda Tierone, fornitori di primo livello delle case automobilistiche».
Un fatturato di 38 milioni di euro con Ebitda di 6 milioni e 88 dipendenti che non hanno mai fatto un’ora di cassa
integrazione. Ma dietro i numeri c’è la storia di uno spirito guerriero. Che inizia negli anni del post terremoto in Irpinia quando, con la legge 219/1981, fiumi di miliardi (di lire) sono inviati al Sud per rilanciare l’industria. Patrone ha 22 anni (Mongiello 24) e un’intuizione d’impresa: realizzare un impianto di trattamenti elettrochimici. «Ci siamo mossi per ottenere quei soldi, abbiamo scritto un business plan da soli. Non avevo neanche un tecnigrafo, ho disegnato il capannone sul compensato. I commercialisti ci dicevano: trovatevi un posto di la
voro, non un lavoro». Invece, Patrone va avanti e il progetto arriva ai ministeri di Ro ma: «Ai funzionari giustificavo l’investi mento inventando ricerche di mercato inesistenti. Portavo nella valigetta motorini di avviamento come esempio di quel che avremmo fatto e loro mi guardavano allibi ti». Un’avventura picaresca, fatta di piccole furbizie all’italiana ma grande determina zione per centrare l’obiettivo. «Ero senza una strategia, non sapevo come ci si com porta in quegli ambienti. Se ci penso oggi, che ingenuità». Alla fine però il finanzia mento da 350 mila euro (750 milioni in lire) arriva. In Basilicata mettono il tetto al capannone e accendono i macchinari.
«In trent’anni di attivi tà abbiamo sempre reinvestito gli utili in azienda. Il mercato ti costringe: o fai ricerca continua su nuovi pro cessi e prodotti oppure muori», spiega l’imprenditore, i cui due figli stanno muovendo i primi passi in fabbrica. Dall’insediamento che si estende su 30 milametri quadrati escono le sospensioni per la nuova Jeep Renegade oltre a elementi per la scocca dell’auto: l’attenzione alla sicurezza è uno dei punti fermi per Patrone. Che, dice con grande convinzione, «non lascerò mai l’Italia». Ma ora bisogna diventare internazionali. Per questo vuole entrare sul mercato polacco con un suo brevetto di stampaggio e sta rilevando un’azienda di Dusseldorf, fornitori di Volkswagen e Daimler. «Quello ci interessa».
L’Economia 15 marzo 2019