In attesa della flat tax per le partite Iva destinata a introdurre rilevanti novità, l’Istat ci dà la più ampia fotografia del lavoro indipendente di cui possiamo disporre. L’Italia svetta nella Ue per numero di autonomi ribadendo così il peso delle Pmi nella nostra economia reale, ma mentre calano in quantità i datori di lavoro come artigiani e commercianti, cresce il peso dei liberi professionisti (+246 mila tra il 2008 e il 2017) che vendono servizi alle imprese, seguono la nascita delle filiere e si muovono con una certa abilità sul mercato. Tutto ciò produce ampia soddisfazione per il proprio lavoro e forte carica identitaria.
Non siamo dunque nell’ambito del lavoro dipendente «mascherato», ma anzi l’indipendenza conserva e coltiva un tratto peculiare, una visione del mondo in cui sono in equilibrio libertà, competenza e rischio. Lo strumento amministrativo che accompagna questo mutamento è la partita Iva, addirittura nell’88% dei casi. Ci diranno i sociologi se tutto ciò è una forma dell’individualismo italiano, l’Istat ci mostra come sia un segmento «sano» dell’economia reale grazie al fatto che sembra essersi asciugato il ricorso ai co.co.co. nelle mansioni meno qualificate. Vedremo se in un domani, annunciato come prossimo, con gli incentivi fiscali ad aprire la partita Iva, questa fisionomia cambierà e se partirà quella spinta al «nanismo» che molti paventano.
Vediamo un po’ di numeri, a bocce ferme. Gli autonomi italiani sono 5,3 milioni, ovvero il 23,2% degli occupati, ben oltre la media Ue che si ferma al 15,7%. La lunga recessione ha però decimato l’esercito delle partite Iva perché sono uscite dal mercato del lavoro più di 640 mila persone, in buona parte artigiani e piccoli commercianti, vuoi per ragioni anagrafiche, vuoi per difficoltà di mercato. Basti pensare alla concorrenza cinese nelle produzioni a basso valore aggiunto e all’effetto combinato di grande distribuzione ed ecommerce. I 5,3 milioni di indipendenti sono stati suddivisi dall’Istat in tre segmenti: a) i datori di lavoro che sono ancora 1,4 milioni; b) gli autonomi cosiddetti puri che arrivano a quota 3,3 milioni e che a loro volta si suddividono in 2,1 milioni di lavoratori in proprio e un milione abbondante di liberi professionisti; c) i lavoratori parzialmente autonomi che sono 378 mila e operano per lo più in regime di monocommittenza. È interessante sottolineare come nel terzo segmento le donne siano arrivate al pareggio con gli uomini, mentre gli altri due tronconi restino per tre quarti appannaggio maschile.
Circa la metà dei parzialmente autonomi ha un contratto di collaborazione, il 30,4% è un libero professionista e il 19,7% un lavoratore in proprio. Tra loro si trovano quote più elevate di occupati sia nelle professioni qualificate (59,7% contro 45,8% del totale indipendenti) sia in quelle non qualificate. I maggiori addensamenti li troviamo nei servizi alle famiglie e alle persone, sanità e assistenza sociale, istruzione e pubblica amministrazione, trasporti e magazzinaggio. Perché hanno scelto di essere indipendenti? A decidere spesso è stato il caso, ovvero il presentarsi di una opportunità (38,7%), la prosecuzione dell’attività di famiglia vale per il 24% di loro. Per i parzialmente autonomi è differente: il 29,2% ammette di non aver trovato un lavoro da dipendente (che avrebbe preferito) e l’8,9% è diventato indipendente su richiesta del datore di lavoro/committente.
Molto interessanti i dati su autonomia e soddisfazione, che disegnano una sorta di orgoglio delle partite Iva. Quasi 8 indipendenti su 10 sostengono di poter influenzare sia i contenuti che l’ordine con cui svolgere i compiti (tra i dipendenti il dato si ferma al 35,8%). Tra i soli parzialmente autonomi questo livello di autonomia scende e si ferma al 40,7%. Il 51,1% degli indipendenti si ritiene molto soddisfatto del proprio lavoro e il 40,1 abbastanza soddisfatto. Infine il 78,9% dei datori di lavoro e il 69,5% degli autonomi puri non cambierebbe status mentre un lavoratore parzialmente autonomo su due vorrebbe diventare un dipendente. Di contro appena il 10,7% dei dipendenti vorrebbe diventare autonomo.