Nuovo giro di valzer per la flat tax al 15% delle partite Iva. A suonarlo è stato il Governo che, dopo aver scritto alla Ue nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) di voler introdurre paletti anti-abuso e soprattutto il regime analitico nella determinazione del reddito, ha deciso un nuovo cambio di rotta: il regime resta forfettario per tutti gli autonomi, professionisti e imprese che dichiarano ricavi o compensi fino a 65mila euro. Non solo. Anche sui paletti anti-abuso si potrebbe registrare un’ulteriore frenata. Dopo il vertice politico di lunedì notte, infatti, i vincoli per ridurre l’accesso alla flat tax al 15%, potrebbero limitarsi a quello sulla manodopera e al divieto di cumulo con altri redditi da lavoro dipendente o da pensione. I tecnici, come chiedono soprattutto i 5 Stelle, starebbero studiando la possibilità di far quadrare i conti, in termini di riduzione della spesa fiscale a carico dell’Erario, senza inserire il vincolo dei beni strumentali.
A conti fatti in assenza di nuovi giri di valzer, dunque, la flat tax per le partite Iva che arriverà con la manovra di bilancio per il triennio 2020-2022 conferma il prelievo agevolato al 15%, il regime forfettario per la determinazione del reddito e, rispetto all’anno d’imposta 2019, introduce due vincoli di accesso: il tetto di 30mila euro per chi cumula reddito da lavoro subordinato o da pensione; il limite di spese per prestazioni di collaboratori o dipendenti non dovrà essere superiore a 20mila euro. Ad oggi resta ancora in forse il ritorno anche del vincolo dello stock di capitale ossia il valore dei beni strumentali, al lordo degli ammortamenti, non superiore a 30mila euro. A pesare sulle scelte finali saranno come sempre le coperture e le risorse che si andranno a recuperare, soprattutto con la cancellazione del secondo step della tassa piatta inventata dalla Lega, ossia quella che dal 1° gennaio avrebbe dovuto prevedere un prelievo del 20% in presenza di ricavi o compensi fino a 100mila euro.
Su tutto il pacchetto flat tax la partita, come ha sottolineato ieri il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, si potrebbe riaprire comunque in Parlamento. Intanto però la conferma del regime forfettario annunciata dal viceministro all’Economia Antonio Misiani (Pd) e da Luigi Marattin di Italia Viva incassa subito il plauso del presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, Massimo Miani il quale ricorda all’Esecutivo Conte che sul tavolo resta ancora «il nodo che già avevamo evidenziato al precedente Governo e alla precedente maggioranza». Miani si riferisce all’impossibilità di fruire delle agevolazioni anche da parte di chi svolge l’attività in forma associata, «impossibilità che si trasforma in un incentivo implicito alla disgregazione, in un contesto che, invece, richiederebbe incentivi alle aggregazioni», conclude il presidente del Cndcec.
Ma cosa comporta in sintesi la conferma del forfettario? Le quasi 2 milioni di partite Iva nel regime agevolato potranno continuare a beneficiare delle semplificazioni contabili come, tra l’altro, l’esonero dall’applicazione dell’Iva (a tutto vantaggio anche dei clienti) e dall’Irap, la mancata applicazione degli Indici di affidabilità fiscale, nonché la conseguente riduzione dei costi relativi agli oneri amministrativi. Tutto da verificare ancora se dal cantiere della manovra uscirà anche un meccanismo premiale per chi, pur essendo un “forfettario”, aderisce all’obbligo della fatturazione elettronica.