Una premier a scadenza. Ora che Theresa May ha annunciato che si farà da parte non appena portata a termine la Brexit, i potenziali successori si sono già lanciati in «campagna elettorale»: se tutto va bene, si prevede che la scelta del partito conservatore per un nuovo leader — e di conseguenza un nuovo primo ministro — avverrà tra maggio e giugno, con l’insediamento a Downing street verosimilmente all’inizio dell’estate.
Ma chi sono i contendenti? I pronostici danno due personaggi in pole position: Boris Johnson e Michael Gove, i dioscuri alla testa della campagna per la Brexit nel 2016. Ma si tratta di due figure dal carattere opposto. L’ex ministro degli Esteri ed ex sindaco di Londra è un carattere istrionico, prediletto dalla base del partito per la sua oratoria ma disdegnato da buon parte dell’establishment per la sua imprevedibilità. L’attuale ministro dell’Ambiente è invece un uomo intelligentissimo, cerebrale, ma è considerato infido e incline al tradimento: fu lui che pugnalò alle spalle Boris, all’indomani del referendum, quando questi sembrava lanciato verso la successione a David Cameron.
Una scelta di compromesso potrebbe essere l’attuale ministro degli Esteri, Jeremy Hunt: una figura in grado di unire le diverse anime del partito, sanando le fratture provocate da Theresa May. Particolare: ha una moglie cinese, che con una clamorosa gaffe definì «giapponese» durante una visita in Cina.
Un mini-Boris è invece l’ex ministro per la Brexit, Dominic Raab: super-euroscettico come Johnson, non ne condivide però i difetti caratteriali: ma neppure la stellare popolarità. Potrebbe comunque essere la scelta di riserva dell’ala dura del partito.
Un altro «unificatore» è invece il ministro dell’Interno Sajid Javid, che ha dalla sua una formidabile storia personale: figlio di un autista d’autobus pachistano, sarebbe il primo premier «immigrato» e musulmano. Ma ha fatto discutere la sua scelta di togliere la cittadinanza a una 19enne che era scappata in Siria per sposare un miliziano dell’Isis.
Viene poi un terzetto di donne. Innanzitutto Andrea Leadsom, la ministra per i Rapporti col Parlamento, che già aveva conteso la leadership alla May e si era rovinata dicendo di essere più esperta di lei perché madre. Quindi Penny Mordaunt, altra ultrà della Brexit, nota anche per aver partecipato in veste di sirenetta a un reality tv di tuffi in piscina. Infine Amber Rudd, ministra del Lavoro, molto competente ma col difetto, agli occhi del partito, di essere contraria alla Brexit. Un gara che è solo ai blocchi di partenza ma dalla quale, come si può vedere dall’elenco, difficilmente emergerà un grande leader.