Debole la domanda in Italia. Debole la domanda oltreconfine. Non è un quadro confortante quello sperimentato dal settore delle macchine utensili nel primo trimestre dell’anno, con dati che peraltro rispecchiano, amplificandoli, i valori medi della manifattura nazionale. Così come deludenti erano state le ultime rilevazioni Istat sugli ordini dell’industria nel complesso, negativi sono i dati registrati da Ucimu-Sistemi per produrre, che evidenziano un calo significativo delle nuove commesse tra gennaio e marzo (-8,5%), secondo trimestre consecutivo in rosso. Dato non brillante soprattutto perché esito di un arretramento corale, più marcato sul mercato interno (-9,8%) ma visibile anche all’estero, dove il calo è dell’8,2%. Frenata italiana fisiologica, dopo la corsa dell’ultimo biennio, e che pure mette i costruttori in allerta.
«Ce lo aspettavamo – spiega il presidente di Ucimu-Sistemi per produrre Massimo Carboniero – e osservando l’andamento del 2018 e di questa prima frazione del 2019 possiamo dire che i valori si stanno riportando sui livelli di normalità tipici del mercato italiano. Detto ciò, occorre però considerare che l’industria manifatturiera del paese ha ancora necessità di investire in nuovi macchinari e in nuove tecnologie di produzione. Per questo è indispensabile che le autorità di governo confermino al più presto le tecnicalità relative al ripristino del superammortamento, così come presentato nel Decreto Crescita».
Se infatti l’impianto globale dell’iperammortamento era già stato confermato (salvo la rimodulazione delle aliquote, a scalare al crescere dell’importo), la novità negativa del 2019 per le aziende è stata finora (il via è scattato dal 1 aprile) l’assenza dell’incentivo “standard”, la maggiorazione del 30% della quota da ammortizzare per i beni di investimento “semplici”, non necessariamente 4.0.
«Per le Pmi – aggiunge Carboniero – il superammortamento rappresenta lo strumento più semplice per favorire la sostituzione e l’aggiornamento dei macchinari industriali e per questo ben si combina con l’iperammortamento, che favorisce e stimola invece la diffusione dell’innovazione in chiave digitale. L’industria manifatturiera italiana, e con essa il Paese, ha avviato, da qualche anno, un progressivo processo di rinnovamento e trasformazione volto a incrementare la competitività dell’offerta di made in Italy; interrompere questo percorso a metà del guado sarebbe rischioso, anche e soprattutto in ottica occupazionale».
Se sul piano interno la frenata degli investimenti è comunque visibile in più comparti ed è forse l’elemento più “pesante” nell’indebolimento del tasso di crescita italiano, la novità meno gradita per il settore è il segno meno sperimentato dai robot anche oltreconfine, storicamente mercati che compensavano con la propria forza la debolezza nazionale della domanda. Si tratta in questo caso del primo “rosso” dal terzo trimestre 2016.
«Instabilità politica, protezionismo, elezioni europee, staticità di alcuni mercati come la Germania e di alcuni settori di sbocco particolarmente rilevanti come l’auto – aggiunge Carboniero -, rendono l’attività dei costruttori italiani oltreconfine certamente meno agevole. Per questa ragione chiediamo alle autorità di governo di ragionare sul potenziamento degli incentivi fiscali per le imprese italiane che partecipano alle fiere di riferimento per il settore che si svolgono fuori dalla Ue, poiché la presenza alle manifestazioni espositive, soprattutto in mercati lontani, rappresenta il miglior strumento di marketing per una Pmi. Alla più importante fiera organizzata in Cina, che si è svolta a metà aprile, sono, infatti, oltre 50 le imprese italiane che hanno esposto la propria tecnologia con l’obiettivo di intercettare la domanda di utilizzatori locali e dei paesi limitrofi, di certo tra le più vivaci nel panorama internazionale».