« È una vittoria a valanga, il nostro potere democratico è piú legittimo che mai», esulta Zoltán Kovacs, spin doctor e portavoce del carismatico vincitore Viktor Orbán. Il premier sovranista vola verso la maggioranza di due terzi che consente ogni modifica costituzionale, i leader dei partiti d’opposizione si dimettono uno dopo l’altro, nella splendida Budapest colorata dal sole di primavera la maggioranza esulta. Il nuovo corso arriva subito: colpi duri alle Ong che aiutano i migranti accusate di essere al servizio di Soros. L’esultanza non è solo magiara: festeggiano Marine Le Pen, Matteo Salvini, tutti i leader sovranisti della Ue. E persino il presidente della Commissione europea Jean- Claude Juncker invia ad Orbán calorose felicitazioni pur invitando a « difendere la democrazia » . Quella che i suoi avversari chiamano onda nera europea diventa tsunami magiaro.
« Dio, proteggi gli ungheresi » , «Piove sul volto dei patrioti, dal cielo scendono lacrime sulle guance degli eroi». Note solenni di inno nazionale e canti del Risorgimento si sono appena dissolte nell’aria, Orbán e il suo partito – la Fidesz, membro dei Popolari europei – celebrano entusiasti. Il Paese reale partecipa alla festa o accetta, nel lunedí di una settimana di lavoro che comincia. « Almeno ha vinto il leader che difende gli interessi nazionali » , sentiamo dire da giovani di villaggio come la bella Fruzsi e l’amico Szabolcs. I giochi sono fatti, le speranze delle opposizioni di voltare pagina sono acqua passata per almeno altri quattro anni e il terzo mandato – record storico nella democrazia postcomunista ungherese – è in mano al premier, può farci ciò che vuole, confida un diplomatico occidentale.
Invano Osce e organizzazioni per i diritti umani parlano di irregolarità nella campagna elettorale, troppi privilegi mediatici al governo, persino timidamente evocati sospetti di brogli. Troppo grande è il margine di vittoria. Il no ai migranti, ma anche la solida crescita di economia e occupazione hanno pagato i dividendi nell’urna all’ex dissidente liberal di sinistra divenuto leader dell’eurodestra sovranista. Adesso molti gli devono molto, da Kaczynski in Polonia agli euroscettici a Roma Parigi o Berlino, o Stoccolma dove si vota a settembre e i sovranisti ( SD) volano nei sondaggi. Sullo sfondo, dicono tutti qui, è Angela Merkel la grande sconfitta per il suo sì ai migranti.
« I popoli europei difendono i propri confini e la sovranità», ha dichiarato Matteo Salvini. « Saluto la grande e netta vittoria » , ha scritto online Marine Le Pen. Incalza Giorgia Meloni: « I popoli europei festeggiano la conferma di Orbán, difesa dell’identità, lotta all’islamizzazione forzata, contrasto alla speculazione finanziaria e al globalismo ».
L’onda nera, come la chiamano i suoi avversari, da ieri avanza molto più forte di prima in tutta la Ue. Successo imprevisto: Orbán ha ricevuto dal premier israeliano Netanyahu le prime congratulazioni. Prima ancora di quelle della maggioranza nazionalconservatrice polacca. Felicitazioni dall’ex premier liberal di Varsavia e ora presidente dell’esecutivo europeo Donald Tusk, con un monito soft: « Conto su di te per mantenere l’unità d´Europa». Esultano i sovranisti nella Ue intera, e soprattutto nel gruppo di Viségrad (Polonia Cechia Slovacchia Ungheria con l’Austria a fianco). Chi voleva un’altra Budapest rilegge l’articolo di Indro Montanelli da qui nel giorno dell’invasione sovietica del ‘56: i sogni muoiono all’alba.