Disse Giuseppe Conte, presidente del Consiglio appena entrato in carica, a chi nel suo programma di governo cercava un minimo di attenzione al Sud e tutto ciò che trovò furono sei poverissime righe: «Ma se ci abbiamo dedicato un ministero!». Aggiunse Barbara Lezzi, neonominata titolare del suddetto dicastero, che solo la malafede poteva far dubitare delle intenzioni: «Quelle sei righe hanno un potenziale enorme», giurava, «c’è tutto quanto serve perché il Mezzogiorno possa colmare il gap con il Nord, cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni».
È passato esattamente un anno. Tranne che per qualche gaffe e alcune incursioni polemiche altrove, di Lezzi si sono perse al tracce. Il «ministero dedicato» è velocissimamente diventato un ministero-fantasma. Forse — provocazione, ma nemmeno troppo — va bene così. Di sicuro è un’occasione sprecata, l’ennesima, per incrinare anche soltanto un po’ l’immagine di un Meridione sdraiato sull’assistenzialismo pubblico e inserire nel quadro, invece, qualche flash di ciò che in quello stesso Meridione qualcuno è capace di fare. Per dire. Abbiamo passato mesi prima a discutere di reddito di cittadinanza, poi a misurare regione per regione la corsa alle richieste, infine a stilare una classifica dominata da Campania, Sicilia, Puglia, e in cui Napoli sembra aver battuto da sola l’intera Lombardia. Non ci siamo accorti, e soprattutto non l’ha fatto la politica, di quel che intanto accadeva per esempio a San Marco Evangelista, provincia di Caserta, stabilimento della Laminazione Sottile.
È un nome che conoscono appena gli addetti ai lavori, ma non è una piccola realtà. Quando fu fondata da Augusto Moschini, nel 1923 a Napoli, dall’azienda uscivano capsule e tubetti per dentifricio. Oggi è uno dei maggiori produttori europei di alluminio laminato, ha quattro fabbriche in Italia, una in Gran Bretagna, una in Corea del Sud. Il figlio di Augusto, Guido, e poi i figli del figlio — Massimo, Luca, Pietro — hanno portato il gruppo abbondantemente oltre i 300 milioni di fatturato. Che non sono, naturalmente, il traguardo definitivo. I piani di espansione sono ambiziosi e, nella storia di un Mezzogiorno potenziale modello di sviluppo anziché di assistenzialismo e/o finanziamenti a perdere, l’ultimo tassello ha una doppia simbolicità. Uno: in marzo, mentre la politica da campagna elettorale guardava al Sud giocando tutto sul reddito di cittadinanza, giust’appunto, a San Marco si annunciavano investimenti fino a 43 milioni per portare la produzione da 90 mila a 120 mila tonnellate entro l’anno. Due: 28 di quei 43 milioni provengono da agevolazioni già ottenute, a dimostrazione che non necessariamente gli incentivi pubblici finiscono nel nulla (lì, nella fabbrica casertana, tra Industria 4.0 e il «contratto di sviluppo» in vigore da due anni si sono tradotti in cento posti di lavoro che ora potrebbero diventare più «stabili»).
Laminazione Sottile è uno dei 600 Champions L’Economia-ItalyPost e uno dei 40 del Sud (nella tabella che chiude queste pagine le aziende sono però in tutto 84: abbiamo allargato la selezione alle altre eccellenze del Mezzogiorno, con parametri di crescita solo di poco inferiori a quelli richiesti ai Campioni). Non è l’unico esempio di utilizzo virtuoso di fondi pubblici. Paolo Patrone e Michele Mongiello da Tito, provincia di Potenza, non sarebbero per esempio mai partiti senza i finanziamenti post terremoto dell’Irpinia. Molti di quei soldi finirono nel nulla, bruciati in fantasiose iniziative di altrettanto improbabile rilancio. A loro, l’assegno di Stato da 750 milioni di vecchie lire (sarebbero più o meno 390 mila euro) permise di metter su un capannone, che poco a poco divenne una piccola fabbrica, che a colpi di utili reinvestiti è, oggi, una società da 38 milioni di fatturato e con un Ebitda medio annuo del 13%.
Può essere che, ora, i nuovi nuvoloni che incombono sull’automotive mondiale si facciano sentire anche sui bilanci della Patrone e Mongiello. Ma le loro sospensioni non vanno più solo verso le Jeep della vicina Melfi: la proprietà ci ha pensato per tempo, l’acquisizione di un’azienda in Germania diversificherebbe il portafoglio-clienti (e rischi) con Volkswagen e Daimler. Non male, come creazione di valore e moltiplicatore di sviluppo partito da quei 390 mila euro che lo Stato consegnò, quarant’anni fa, a due ventenni armati di idee vaghe ma di determinazione infinita.
Potremmo continuare. Lo faremo direttamente con i Campioni, oggi pomeriggio, a Napoli. Li incontreremo a Palazzo Zevallos Stigliano, in un evento promosso da L’Economia che sarà, anche, l’ultima delle dieci tappe dei Meet The Champions organizzati con ItalyPost. Davanti, avremo piccole e medio-grandi realtà che non sono solo «eccellenze singole»: insieme, queste 84 aziende fatturano oltre 5 miliardi e dal 2011 sono cresciute in media del 10,72% l’anno, con una redditività industriale del 14,62% e un tasso di rendimento del capitale del 15,34% . Non servono altre prove, per sostenere che il Sud ha in sé un modello di crescita esattamente come ce l’ha il Nord. Per certi aspetti vale persino di più, considerati gli handicap di partenza. Perciò se, ogni tanto, la politica si scomodasse e provasse a conoscerli, a parlarci, magari a copiarli, forse dagli 84 Campioni qualcosa potrebbe imparare. E loro, i Champions del Sud, non si sentirebbero — come loro stessi dicono — «pochi, e soli».