Il New Deal giallo-verde è pronto, o quasi. Luigi Di Maio cita Franklin Delano Roosevelt, ma alla fine del Consiglio dei ministri torna alla mente Paolo Cirino Pomicino, nella prima Repubblica grande esperto nell’approvazione di Finanziarie ancora prive di dettagli. Per chiudere l’accordo sulle «questioni fondamentali» (cit. il sottosegretario Giancarlo Giorgetti) sono stati necessari tre vertici in ventiquattr’ore e vari corpo a corpo fra il leader Cinque Stelle e Matteo Salvini. La politica è l’arte del possibile, ed entrambi ottengono più o meno quel che chiedevano. Il capitano leghista ha in dote quota cento per le pensioni entro febbraio e senza apparenti penalizzazioni: valore sette miliardi l’anno. Si potrà andare in pensione a 62 anni, purché si siano pagati 38 anni di contributi.
Di Maio può sbandierare il reddito di cittadinanza, o meglio un nuovo sussidio a favore dei più poveri senza lavoro. Arriverà con legge ordinaria dopo Natale e costerà nove miliardi: circa 2,5 verranno ereditati dal superamento del reddito di inclusione varato dai governi di centrosinistra.Nelle ultime ore della trattativa il motivo di scontro fra i due azionisti del governo è stato un altro, ovvero i confini del condono fiscale: la Lega voleva allargarlo fino al limite dei cinquecentomila euro, i grillini erano contrari. Salvini premeva poi per far passare la cosiddetta dichiarazione integrativa, così da scontare non solo sanzioni e interessi, ma anche l’imposta dovuta.
I Cinque Stelle volevano invece rafforzare il cosiddetto ravvedimento, che evita lo stralcio dell’imposta.Il compromesso raggiunto in serata permetterà di fare emergere fino al 30 per cento di quanto evaso nei cinque anni precedenti fino a un massimo di centomila euro. Non solo: verranno cancellate tutte le multe e le tasse non pagate di valore inferiore ai mille euro dal 2000 al 2010. Di Maio su Facebook dice che «ci sarà la galera per gli evasori», anche se molti di loro intanto potranno mettersi in regola con il fisco. Se Di Maio ha costretto Salvini al compromesso sul condono, il giovane vicepremier ha dovuto mandar giù la richiesta del Quirinale di stralciare dal decreto fiscale (approvato insieme alla Finanziaria) tutta la materia previdenziale: mancava il requisito della necessità ed urgenza.I Cinque Stelle avrebbero voluto imporre un taglio a tutte le pensioni dai tremila euro in su: dovranno accontentarsi – così dicono le ipotesi accreditate – di assegni non inferiori ai quattromila euro, forse cinquemila.
Da quella voce arriverà un miliardo in tre anni. Per far tornare i conti Salvini ha messo a disposizione 1,3 miliardi dal taglio dei fondi alla gestione degli immigrati. Ci saranno anche nuove tasse, quasi tutte a carico di banche e assicurazioni. Resta solo da capire se i maggiori costi verranno scaricati su clienti e correntisti. Il resto – a meno di modifiche sempre possibili dell’ultim’ora – è noto: ci saranno il forfait al 15 per cento per i lavoratori autonomi che dichiarano fino a 65mila euro, al 20 fino a centomila euro. Le imprese che reinvestono gli utili pagheranno solo il 15 per cento dell’Ires (invece del 24), ma per finanziare queste misure vengono aboliti l’Ace (aiuto alla crescita economica) e l’Iri, l’imposta sul reddito delle imprese che avrebbe dovuto entrare in vigore quest’anno. Ora per il governo è il momento della verità in Europa: giovedì Giuseppe Conte è atteso a Bruxelles dove la manovra sarà analizzata punto per punto. Rispetto alle prime ipotesi si è rafforzata la parte a favore delle imprese e le coperture, che arriveranno anche da tagli lineari alla spesa. Non sarà abbastanza per avere l’indulgenza delle burocrazie europee, potrebbe essere abbastanza per salvarci dal downgrading delle agenzie di rating. La prova del fuoco sarà il passaggio nelle aule del Parlamento: la maggioranza dovrà evitare ulteriori appesantimenti di una Finanziaria che vale complessivamente più di 37 miliardi di euro e fa salire il deficit del 2019 al 2,4 per cento, ben oltre gli impegni presi dal governo italiano con i partner comunitari solanto pochi mesi fa.