L’Ocse ci sdogana dal Pil a quota zero previsto nel settembre scorso per il 2019 e ci assegna una crescita allo 0,2 per cento. «Si vede una luce», commenta la capo economista dell’organizzazione di Parigi Laurence Boone in occasione della presentazione dell’Economic Outlook semestrale. Si tratta di una stima migliore di quella del governo che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, aveva prudentemente fissato nella Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) allo 0,1 per cento. Bene per l’Ocse il «vero dialogo» che si è instaurato tra Roma e Bruxelles, la «stabilizzazione della fiducia dei consumatori», i tagli al cuneo fiscale e la «minore incertezza della politica interna».
Ma l’entusiasmo non va oltre. A cominciare delle previsioni per il Pil del prossimo anno che l’Ocse blocca allo 0,4 per cento, due decimali in meno rispetto al governo italiano. Unica consolazione, piuttosto magra, che la locomotiva tedesca farà 0,4 per cento quanto noi e condivideremo con la Germania la maglia nera della crescita per l’anno nuovo che si avvicina.
Naturalmente gran parte della responsabilità va al clima «debole » della crescita globale che segnerà il prossimo anno 2,9 per cento, dal 3 previsto solo due mesi fa e dal 3,4 indicato a maggio. È il tasso più basso dalla crisi finanziaria ed è frutto della guerra dei dazi e della immancabile Brexit.
Se tuttavia si vorrà fare uno scatto decisivo, argomenta l’Ocse, bisognerà mettere mano ad una più decisa politica delle riforme, a riprendere una politica di «razionalizzazione» della spesa pubblica (il debito nel 2019 sarà del 136 per cento del Pil, tre decimali più del governo) e puntare diritti alla cancellazione di Quota 100 ovvero del meccanismo che consente di andare in pensione anticipata con 62 anni di età anagrafica e 38 di contributi. L’Ocse, che ammonisce anche a conservare il collegamento tra età pensionabile e aspettative di vita, suggerisce che le risorse cosi risparmiate potrebbero andare a «programmi di investimenti pubblici».
I dati dell’Ocse sono rimbalzati in Parlamento dove la manovra avanza con passo lento tra la Camera, dove si vota per il decreto fiscale, e il Senato dove gli emendamenti al Bilancio sono scesi da 4.500 ai circa 700 “segnalati”, cioè destinati sicuramente al voto in Commissione. Nel fascicolo un emendamento del Pd che prevede la possibilità di recuperare l’abitazione pignorata a chi non ha potuto pagare il mutuo a causa della crisi. La norma obbliga le banche a concedere una rinegoziazione agevolata fino al 2021 a condizione che si sia già assolto al 10 per cento dell’intero importo (al massimo 250 mila euro).
Dal ministero della Pubblica amministrazione arriva invece la proposta di detassare i premi di risultato anche per i dipendenti pubblici, con un’aliquota agevolata al 10 per cento per un massimo di mille euro annui per redditi non superiori ad 80 mila euro. Novità da parte del ministero per l’Innovazione per diffondere il domicilio digitale entro il 2022: potrà veicolare anche le multe.