La frenata nell’economia produce gli effetti sul mercato del lavoro con l’occupazione che a settembre si ferma al 58,8% (-0,1%), in calo di 34mila unità rispetto ad agosto, a causa dell’ulteriore emorragia di dipendenti permanenti (-77mila), compensata solo in parte dagli occupati a termine (+27mila) e dagli indipendenti (+16mila). La battuta d’arresto riguarda i lavoratori tra i 25 e i 49 anni.
L’Istat, sempre nel confronto congiunturale, evidenzia che ha ripreso a crescere il numero di disoccupati (+81mila), dopo due mesi di calo, con un tasso di senza lavoro al 10,1% (+0,3%) che tra i giovani raggiunge il 31,6% (+0,2%), complice anche la contrazione del numero degli inattivi (-43mila unità). Come a dire, molti scoraggiati si sono attivati per cercare un lavoro e, non trovandolo, hanno finito per far aumentare il numero dei disoccupati. Su base annua l’occupazione a settembre cresce di 207mila unità, trainata dai lavoratori a termine (+368mila) e dagli indipendenti (+22mila), mentre i dipendenti permanenti sono in caduta libera (-184mila). La crescita congiunturale degli occupati a termine a settembre ha perso un po’ di slancio (+27mila), rispetto ad agosto (+48mila su luglio).
Guardando al terzo trimestre, invece, l’occupazione resta sostanzialmente stabile rispetto ai tre mesi precedenti, con 85mila permanenti in meno ed un calo di 23mila indipendenti, bilanciati dai 98mila dipendenti a termine in più. Il clima di incertezza, con la frenata in corso dell’economia, hanno reso preferibile per le imprese – di fronte ad un aumento della domanda – ricorrere a forme contrattuali più flessibili, fa notare il Centro studi Confindustria. Il dato degli occupati a termine che a settembre ha toccato il picco massimo delle 3.182mila unità – mai raggiunto dal 2004 anno di inizio delle rilevazioni Istat – risente anche della corsa delle imprese ad utilizzare la normativa ante decreto dignità, prima della scadenza del periodo transitorio che da oggi fa scattare la nuova disciplina (si veda l’articolo a pagina 19).
Su base annua a crescere sono soprattutto gli over50 (+333mila) che per effetto della legge Fornero devono restare più a lungo occupati, seguiti dai 15-34enni (+27mila), mentre fa registrare una contrazione la fascia 35-49 anni (-154mila). L’Istat segnala, tuttavia, che «al netto della componente demografica si stima comunque un segno positivo per l’occupazione in tutte le classi d’età». Sempre rispetto a settembre 2017, si registrano meno disoccupati e inattivi, in calo rispettivamente di 288mila e 19mila unità.
La disoccupazione italiana al 10,1% si confronta con il tasso di senza lavoro rilevato da Eurostat nella zona euro che a settembre tocca il livello più basso da novembre 2008, stabile all’8,1% rispetto ad agosto, in calo rispetto al 2017 (8,9%). Nella Ue il tasso di disoccupazione è ai livelli di gennaio 2000, stabile al 6,7% rispetto ad agosto ed in calo rispetto al 7,5% di settembre 2017. La disoccupazione giovanile in Italia sale al 31,6%, e si confronta con il tasso di disoccupazione del 14,9% nella Ue e del 16,8% nella zona euro (rispetto a 16,5% e 18,3% di settembre 2017). Per la disoccupazione giovanile l’Italia continua a occupare la terzultima posizione, distante dai primi posti di Repubblica Ceca e Germania (6,3%); peggio di noi fanno solo Grecia(37,9% a luglio) e Spagna (34,3%).
Per il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio «è chiaro che, se si ferma l’economia si ferma anche la crescita dell’occupazione, tra l’altro dopata da voucher e contratti a un giorno». Il vicepremier è convinto di assistere «all’ ultimo colpo di coda del Jobs act, perché da novembre entrano in vigore le norme del decreto dignità». Di diverso avviso Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria: «Il dato sull’occupazione è, invece, il primo colpo di frusta del decreto dignità . Il Governo ha voluto limitare la flessibilità in ingresso, ma lo ha fatto con una norma piuttosto approssimativa che ha generato grande incertezza nelle imprese». Per Luigi Sbarra (Cisl) «appare con tutta evidenza che, ora più che mai, serve una manovra effettivamente espansiva, con più investimenti su politica industriale, innovazione e ricerca, istruzione e formazione».