Un’associazione dalle tante sfaccettature: una per ogni mestiere, diverso, che la compone. Un festival per raccontarli, nella loro dimensione squisitamente artigiana. È Make in Italy, tre giorni di talk, laboratori diffusi, workshop e dibattiti: il focus è l’artigianato veneto che si innova, imprese che a prescindere dalle dimensioni sono sempre più spesso «4.0» e digitali. L’evento, promosso da Cna Vicenza con ItalyPost, Comune di Thiene in collaborazione con Intesa SanPaolo, è iniziato venerdì 8 giugno e terminerà domani, domenica 10 giugno, a Thiene, fra il castello Colleoni e altre sedi del centro storico.
«Troppo spesso nell’immaginario collettivo l’artigiano è solo quello che batte il ferro, oppure il calzolaio. È così ma c’è anche dell’altro, molto altro: e allora – osserva Cinzia Fabris, presidente di Cna Vicenza, spiegando la filosofia che ha portato a questa prima edizione della manifestazione – abbiamo voluto un evento simile al festival Città Impresa, ma incentrato interamente sugli artigiani. La nostra associazione, che a Vicenza conta tremila iscritti, è fatta di mestieri: dalla metalmeccanica alla produzione, dalla moda alla cura alla persona e tanti altri. Ci siamo detti, “raccontiamo” queste eccellenze: facciamole vedere, discutiamone in pubblico».
Il richiamo nel titolo al «fare» in Italia rivendica la caratteristica tipica dell’artigianato di mantenere la produzione in loco. «C’è qualcosa che non ci possono togliere – riprende Fabris, che è stata tra i protagonisti dell’evento di apertura “La manifattura di domani: italiana e digitale” – alcune cose vengono fatte esclusivamente in Italia e certe caratteristiche, come precisione e puntualità nelle lavorazioni ma non solo, vengono ricercate qui».
L’imprenditrice assicura che questo non vuol dire che il comparto produttivo sia rimasto fermo, negli ultimi anni. «L’artigiano cerca sempre “nuova” tecnologia, se non lo fa non resta sul mercato. Il cambiamento può anche essere un’innovazione nel processo, una formazione con un approccio diverso: ogni settore ha le sue peculiarità, io per esempio nella mia azienda ho messo in campo un controllo di gestione che eleva la produzione dando risposte precise ai clienti; altri hanno investito in macchine a controllo numerico, altri ancora, penso ad esempio alle imprese di pulizie, hanno investito in prodotti biologici o a basso impatto ambientale. Sono stati anni complessi – specifica la presidente di Cna Vicenza –, con le banche popolari per molte imprese è stata una bella batosta. Posso poi dire con orgoglio che in questi anni tutti gli imprenditori nostri associati sono “cresciuti”, si fa molta formazione e i risultati si vedono. La stessa associazione è un grande valore che speriamo venga sempre più percepito anche dagli imprenditori più giovani».
Un tema ricorrente, negli eventi di Make in Italy, è la crescente tendenza all’automazione incrociata con il digitale. Marco Bettiol, docente di Internet Marketing all’università di Padova, ne ha parlato nel corso del convegno «Il 4.0 a misura di piccoli», venerdì 8 giugno. «La domanda che dobbiamo farci – sottolinea lo studioso – è “perché” il 4.0 dovrebbe essere solo per le aziende “grandi”. In realtà, infatti, in Italia non è così: una ricerca condotta dal Laboratorio Manifattura digitale dell’università di Padova ha messo in luce che, nel 2017, in Italia il 18% delle aziende usa tecnologie 4.0 e sono soprattutto le medie e piccole ad averle adottate».
Il piano governativo varato dall’ex ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda viene visto con favore: «Avrà un effetto-volano. Ma è importante evidenziare che la trasformazione e l’implementazione di innovazioni tecnologiche era già in atto in moltissime Pmi già prima che il programma di incentivi fosse varato, è in corso da dieci anni cioè dall’indomani dello scoppio della grande crisi – riprende Bettiol –. Un aspetto di estremo interesse è che le nostre imprese stanno usando queste tecnologie per esaltare la propria dimensione artigianale. Diventano una sorta di “super artigiani”, innovano per aumentare la capacità di produrre su misura».
Non è nemmeno una questione di dimensione aziendale, bensì di capacità di soddisfare il cliente. «Se avevamo il timore che queste tecnologie cancellassero l’artigianalità, in Italia e nel Veneto sta accadendo esattamente il contrario». Bettiol cita casi pratici: aziende del mobile che, impiegando robot per le lavorazioni ripetitive, ora possono spostare i dipendenti in lavorazioni specifiche di più alta qualità; o tacchifici che, nella Riviera del Brenta, hanno adottato stampanti 3d, macchine a controllo numerico e strumenti per far interagire i propri modellisti con gli stilisti che, da tutto il mondo, seguono i progetti.
«La tecnologia aiuta l’azienda a essere ancora più artigianale, perché ora i modellisti possono occuparsi a tempo pieno della collaborazione con gli stilisti. L’azienda ha potuto persino assumere un maestro mosaicista che crea mosaici su tacchi ogni volta diversi: l’automatizzazione dei processi – conclude il docente – permette di aumentare la quota di artigianalità».
*Corriere del Veneto, 5 giugno 2018