Sicurezza, migranti, economia. Nel grande gioco sui Balcani entrano tutti gli ingredienti per tingere di giallo il futuro della regione. Le istituzioni Ue, la Germania e fino a oggi l’Italia premono per una rapida integrazione in Europa di Serbia, Montenegro, Albania e Macedonia. Ma c’è chi frena. In Europa la Francia di Macron (con Olanda e Belgio) per contenere i flussi migratori e spaventati dai foreign fighters. Fuori dall’Ue Putin ed Erdogan (ed estremismi islamici), intenzionati a far saltare l’allargamento. In ballo la tenuta della polveriera d’Europa, che senza una prospettiva Ue potrebbe tornare a essere tale. I negoziati per l’adesione di Serbia e Montenegro sono partiti. Mogherini e Juncker hanno raccomandato di donare lo status di candidati ad Albania e Macedonia al summit di fine giugno.
Ora l’Italia grillo- leghista diventa ago della bilancia. La scorsa settimana a Sofia Gentiloni si è sentito chiedere da colleghi: il nuovo governo sarà pro Balcani? Se il duo Salvini- Di Maio virasse per riflessi anti migranti o pro Putin, non solo Tirana e Skopje non apriranno i negoziati, ma pure il percorso europeo della Serbia ne verrebbe rallentato. Con i rischi connessi.