A pochi giorni dalle ultime politiche, molti elettori sapevano esattamente cosa li interessava fra le promesse dei partiti per l’economia: la «flat tax», l’idea della Lega di una tassa bassa e uguale per tutti sui redditi delle persone. Almeno questo raccontano degli umori degli italiani le ricerche digitate su Google durante la settimana che si è conclusa il 3 marzo, alla vigilia del voto. I cittadini volevano informarsi sulla «flat tax» molto più che sul resto: in quel momento quel termine risulta ricercato sul motore di ricerca più del doppio più spesso rispetto a «reddito di cittadinanza» e una decina di volte più di «quota cento», la modalità proposta dalla Lega per andare in pensione prima.
Non sarebbe durato molto. Già dai giorni successivi al voto, quando gli italiani iniziano a intuire che la «flat tax» per loro resta un sogno, le ricerche sull’argomento crollano. Vengono soppiantate da un’esplosione di interesse per il reddito di cittadinanza non appena la forza che lo propugna, il Movimento 5 Stelle, diventa prima in parlamento. La ricerca su Google più correlata a questa proposta è molto pratica: «A chi spetta». Regione con la massima frequenza di indagini: la più povera d’Italia, la Calabria (in confronto, in Val d’Aosta interessa meno della metà).
I dati sono riscontrabili su Google Trends, un servizio del gruppo di Mountain View, e rivelano qualcosa dell’opinione pubblica o dei suoi interessi. Chi cerca qualcosa in un motore di ricerca non vuole solo saperne di più: esprime anche una preferenza o un sentimento. L’espressione «San Gennaro», il patrono di Napoli, viene cercata dodici volte più spesso in Campania che in Lombardia (ma «Sant’Ambrogio», patrono di Milano, undici volte più in Lombardia che in Campania). La frase «odio mio marito» non viene solo iscritta molto più spesso nella finestra di Google rispetto a «odio mia moglie», ma registra picchi massimi subito dopo le vacanze estive e di Natale. Insomma ciò che le persone cercano in rete, un atto molto privato, rivela qualcosa di ciò che hanno in testa: lì non si tenta di fare colpo come spesso accade su Facebook, Twitter o Instagram.
Per questo le ricerche su Google raccontano una storia parallela dell’attuale disegno di legge di bilancio, come viene vissuto dagli italiani. «Flat tax» declina molto presto, ma anche «reddito di cittadinanza» non dura ai vertici. Scende rapidamente, con l’eccezione del momento in cui il leader di M5S Luigi Di Maio promette di «abolire la povertà» ed esulta dal balcone di Palazzo Chigi. Ma è un fuoco di paglia: in genere le pensioni interessano di più.
Già a partire dalla prima settimana del governo M5S-Lega, a inizio giugno, «quota 100» prende il controllo della narrazione sull’economia e viene ricercata su Google oltre tre volte più spesso. Le uniche regioni nelle quali non riesce il sorpasso sono Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, dove «reddito di cittadinanza» riscuote più interesse nella media dell’ultimo anno.
C’è però un quarto incomodo nella gara per il termine di politica economica sul quale gli italiani mostrano più curiosità. Si scrive, nel rettangolo bianco di Google, «spread»: lo scarto nel costo di finanziamento del debito pubblico italiano rispetto a quello tedesco, che aumenta paurosamente. Quella parola aveva già fatto irruzione fra le ricerche più frequenti degli italiani attorno al 29 maggio, la giornata di mercato drammatica in cui l’Italia sembrava avviata a nuove elezioni. In quel momento solo un altro termine dell’universo politico può competere quasi alla pari con «spread»: «Salvini».
Poi il leader della Lega e vicepremier prende il largo e il suo nome viene cercato in rete dagli italiani tre volte più spesso di «spread». Quest’ultimo a sua volta precede — ma non di molto, nell’ordine — quota 100, reddito di cittadinanza e flat tax. È il momento della luna di miele del governo e soprattutto del vicepremier leghista, uomo ovunque anche nelle ricerche di Google, ma alla fine dell’estate arriva un’increspatura. Succede nell’ultima settimana di settembre, quando 5 Stelle e Lega impongono al Tesoro un deficit più alto proprio per finanziare «quota 100» e il reddito di cittadinanza. Quell’annuncio destabilizza i mercati e lì avviene il controsorpasso.
Lo spread deve iniziare davvero a preoccupare gli italiani, perché ora ricercano quella parola più spesso di «Salvini» e molte volte più spesso di qualunque sussidio il governo prometta loro. Alla fine di ottobre quel termine tanto evocativo di paura e tensione viene invocato su Google tre volte più del nome del leader leghista, otto volte più di «quota 100», 14 volte più di «reddito di cittadinanza». Tuttora resta nettamente il più cercato. Le parole a cui si associa più spesso? «Di Maio» e «Salvini».