Dalla meccanica all’Ict, passando per l’alimentare, il tessile-abbigliamento, la chimica, il legno-arredo. Nei sei settori più rilevanti del made in Italy, sempre più a trazione 4.0, le aziende, da qui al 2021, metteranno a disposizione ben 193mila posti di lavoro. E in un caso su tre, una percentuale che ha ormai raggiunto livelli elevatissimi, le selezioni si annunciano in salita, trattandosi di “scovare” risorse con competenze tecnico-scientifiche medio-alte, oggi praticamente introvabili (visti gli attuali numeri dell’offerta scolastica, secondaria e terziaria professionalizzante).
Confindustria ha scelto la XXVesima edizione di Orientagiovani, la manifestazione che ogni anno gli industriali dedicano all’incontro con gli studenti, che si è svolta ieri a Roma, per la prima volta nella casa delle imprese, in viale dell’Astronomia, per lanciare un messaggio forte a governo, politica, famiglie: «L’impresa del futuro ha bisogno di giovani, per questo serve un grande piano d’inclusione – ha sottolineato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia -. È necessario avvicinare il mondo del lavoro alla scuola per aiutare i ragazzi a fare le scelte giuste. L’Italia non ha materie prime, ma ha capitale umano, conoscenza e talento e su questo dobbiamo puntare per costruire il futuro del paese».
Certo, di scuole tecniche e centri di formazione professionali eccellenti e di presidi e insegnanti all’avanguardia ce ne sono sparsi per l’Italia (una rappresentanza era presente ieri all’Auditorium della Tecnica, ndr) in prima fila nel costruire un ponte tra education e lavoro (l’Italia del resto è la seconda potenza manifatturiera d’Europa). Nel segmento superiore, gli Its, poi, la percentuale di chi lavora (e nel posto giusto) è addirittura dell’80%, con picchi del 90% nelle regioni del Centro-Nord.
Eppure, ed è l’altro lato della medaglia, c’è ancora scarsa conoscenza di questi percorsi “subito professionalizzanti” da parte di giovani e famiglie (spesso anche tra gli stessi docenti, ndr). In uscita dalla terza media non se parla quasi mai in primis, nei “consigli orientativi”; e continua a resistere quel pregiudizio, ingeneroso, che vede l’istruzione tecnico-professionale una sorta di serie B.
Il risultato di tutto ciò è un mismatch in progressiva crescita: «Ormai facciamo fatica a trovare tecnici di laboratorio, analisti chimici, modellisti di capi di abbigliamento, solo per fare alcuni esempi – spiega il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Gianni Brugnoli -. Una situazione paradossale, considerato il nostro tasso di disoccupazione giovanile superiore al 30%. Le scelte poi dell’attuale esecutivo non aiutano: il dimezzamento di ore e fondi all’alternanza, che avrà perfino un altro nome («percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento», ndr) è una inaspettata marcia indietro che ci allontana dalle best practice europee. Anche le nuove regole sul finanziamento, non più diretto, agli Its, comporteranno più burocrazia che semplificazione. Quota 100, poi, non è una misura per i giovani. Forse libererà dei posti di lavoro, ma non risolve il mismatch tra offerta formativa e domanda delle imprese. Con il rischio – ha evidenziato Brugnoli – di lasciare un vuoto di competenze fin quando non avremo un sistema educativo che permetterà una rapida professionalizzazione».
Di qui l’appello degli industriali a invertire rotta, e a conoscere le aziende e le opportunità del “saper fare”, su cui spinge pure il motto di quest’anno di Orientagiovani, «The X-FactorY». Il messaggio è passato anche in radio: normalmente nell’offerta di Radio24; a cui si è aggiunta nei mesi scorsi la trasmissione «Il post in fabbrica» promossa da Rtl 102.5 e Unimpiego, l’agenzia per il lavoro di Confindustria, rivolta sempre ai ragazzi.
Insomma, la sfida, ma anche la strada obbligata per il Paese – che ha rappresentato un pò il leit motiv dei due panel su scuola, formazione professionale, università e Its, alla presenza di Joao Santos della commissione Ue e del “superospite” Demetrio Albertini – è quella di includere i giovani nel mondo del lavoro, valorizzando l’industria (e la formazione aperta proprio al settore produttivo – su questo punto, un messaggio forte, è arrivato dal presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, che ha ribadito come l’alternanza debba tornare centrale, con il recupero pieno di ore e fondi).
E in attesa che il governo rifletta e condivida queste priorità, il manifatturiero ha giocato d’anticipo, e si è messo in mostra.
Per gli studenti (e i loro genitori), che fino al 31 gennaio potranno iscriversi al nuovo anno scolastico, è forse utile sapere che, nei prossimi tre anni, i sei settori “core” della manifattura metteranno a disposizione 193mila posti.
Le previsioni sono frutto di elaborazioni dell’area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria, su dati Istat e Unioncamere (si fa riferimento tanto ai posti di lavoro generati dall’andamento economico dei settori produttivi quanto alle necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita). Nel calcolo è compresa pure Quota 100 (in sintesi, ai circa 172mila nuovi posti di lavoro previsti nello scenario “base” se ne aggiungeranno ulteriori 20mila in conseguenza del nuovo sistema di pre-pensionamento con 62 anni di età e 38 di contributi).
Nella meccanica, per esempio, parliamo complessivamente di 68mila opportunità nei prossimi tre anni; di queste, circa un terzo per ingegneri, progettisti, specialisti in scienze informatiche, e per tecnici della gestione dei processi produttivi e conduttori di impianti produttivi. Nella chimica-farmaceutica, la previsione è di circa 18mila addetti (ricercatissimi saranno: analisti chimici, ricercatori farmaceutici, tecnici di laboratorio).
Passando alle imprese dell’Ict la domanda di lavoro è stimata sui 45mila individui nel triennio 2019-2021. Qui la ricerca sarà di analisti programmatori e di progettisti/sviluppatori di software e app, di apparecchiature informatiche e loro periferiche, di impianti per le telecomunicazioni. Nel settore alimentare, bevande e tabacco, gli ingressi saranno 30mila. Nel tessile ci si attesterà a 21mila lavoratori, mentre nel legno-arredo su quasi 11mila nuovi ingressi. In tutti e tre questi ultimi settori, le professioni più richieste saranno gli operai specializzati e i conduttori e manutentori di attrezzature elettriche, elettroniche e di impianti. «Sui 193mila posti previsti fino al 2021 oltre 60mila resteranno purtroppo scoperti, di cui la metà a vantaggio di under29 – chiosa Brugnoli -. Nei cinque anni supereremo quota 100mila. Noi stiamo facendo la nostra parte. Anche molti imprenditori, singolarmente, con le Academy. Ma non basta. Serve uno sforzo di tutti. Scuole e aziende devono tornare priorità nell’agenda del Paese».