Un aiuto fiscale per incentivare le aggregazioni bancarie nel Mezzogiorno, ma l’opposizione contesta subito l’ennesimo “salva-banche”. Nell’ultima versione del decreto Crescita, messa a punto ieri dalle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera, e pronta per approdare in Aula a brevissimo (con il voto di fiducia), entra anche una norma che permette a imprese e istituti di credito del Sud di trasformare le attività fiscali differite in credito di imposta fino a 500 milioni di euro, solo nel caso di aggregazioni. La direzione indicata dalla norma dunque, con la benedizione del Mef e della Banca d’Italia e, assicura il relatore Giulio Centemero (Lega), anche dell’Antitrust Ue, è quella della costituzione di un grande polo bancario nel Mezzogiorno che dovrebbe includere la Popolare di Bari, la Popolare Puglia e Basilicata e la Popolare pugliese.
I diretti interessati si dimostrano subito pronti a cogliere la palla al balzo: «È un provvedimento che ci auguriamo metta fine ad un lunghissimo periodo di incertezze iniziato nel 2015 con il decreto di urgenza Renzi sulle Popolari immediatamente dopo il nostro salvataggio di Tercas», dice il presidente della Banca Popolare di Bari, Marco Jacobini. La norma, aggiunge il presidente della Banca Popolare Puglia e Basilicata, Leonardo Patroni Griffi, «imporrà ai cda degli istituti di credito una riflessione nel valutare ipotesi di aggregazione». Ma i dem sono critici non tanto nella sostanza, quanto per il metodo: si tratta di un salva-banche in piena regola, dice Mauro Del Barba (commissione Finanze), ma varato «alla chetichella e senza dibattito, forzando i tempi e violando gli accordi». «Ci sono istituti di credito in crisi che potrebbero andare in default o avere capitale insufficiente. Interveniamo su situazioni urgenti», taglia corto Centemero.
Le banche sono molto presenti in un decreto Crescita sempre più lungo ed eclettico: viene prorogata fino a fine 2019 (dal 30 giugno) la garanzia del Tesoro sui bond emessi da Banca Carige, per dare più tempo per trovare una soluzione per la cassa genovese. Vengono modificate le norme di accesso al Fir, il Fondo d’indennizzo per i risparmiatori truffati: i risparmiatori che hanno diritto a rimborsi inferiori ai 50 mila euro avranno una corsia preferenziale. Si escludono inoltre dal calcolo del tetto di patrimonio mobiliare (100 mila euro) le polizze vita, e dal calcolo del limite di reddito di 35 mila euro le rendite dai fondi di previdenza complementare.
Il pacchetto bancario è solo una parte del provvedimento, dove ormai risulta abbastanza annacquato, data la mole degli emendamenti passati in commissione, l’obiettivo iniziale di rilanciare investimenti e sviluppo: molte norme appaiono come salvataggi più o meno necessari di situazioni a rischio. Al salva-banche si affianca il salva-Roma, ma già si parla anche di salva-Catania. La norma trasferisce infatti allo Stato 1,4 miliardi di debito storico di Roma Capitale e istituisce un fondo per sostenere i Comuni capoluogo di città metropolitane in dissesto. Previste anche misure a sostegno di Alessandria, Catania e i Comuni della provincia di Campobasso. Passa anche il Fondo salva-opere per garantire il «rapido completamento» dei lavori e tutelare i lavoratori e le imprese sub-appaltatrici che vantano crediti nei confronti di aziende che vanno in crisi. Salvata, come previsto, Radio Radicale, ma anche per il momento l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti (il commissariamento viene sospeso fino alla fine dell’anno, per favorire il risanamento e l’ampliamento della platea degli iscritti).
Passa anche il contratto di espansione, che sostituirà i contratti di solidarietà espansiva, permettendo alle imprese con più di mille dipendenti di licenziare i lavoratori più anziani offrendo loro in cambio uno “scivolo” che però si riduce a cinque anni, rispetto ai sette previsti inizialmente. Tra le norme più contestate, quella che rende strutturale il taglio dei contributi Inail, ma a partire dal 2023. La segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, lo definisce inaccettabile: «Non si può continuare a usare i fondi dell’Inail per altri scopi come pensa di fare il governo rendendo strutturale di 600 milioni l’anno il taglio delle tariffe».