Sono tre le direzioni nelle quali il governo può muoversi per accasare Mps e costruire così «il terzo polo bancario» come nelle intenzioni del sottosegretario M5S Stefano Buffagni: Milano-Verona, ovvero BancoBpm; Bergamo-Brescia, cioè Ubi; Modena-Bologna, ovvero Bper con il suo azionista di riferimento, Unipol. Sarebbe il via per un nuovo risiko che potrebbe coinvolgere anche la Carige e la Popolare di Bari.
Solo che Siena è troppo grande. E non aiutano né l’indicazione della Bce di dover svalutare totalmente i 6,1 miliardi di crediti deteriorati (npl), sia pure da qui al 2026, né la probabile stagnazione e lo spread a 253 punti. Insomma, non è momento di fare fusioni, è il punto di vista dei banchieri. Il numero uno di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, lo ha detto di recente. Bisogna puntare sulla redditività. Anche Ubi vuole spingere sui ricavi, si trova in una fase di rinnovo del consiglio e ha i soci bresciani e bergamaschi che di Siena proprio non ne vogliono sapere. Il ceo Victor Massiah lo sa bene ed esclude mosse in quella direzione.
Bper è concentrata sul piano industriale che il ceo Alessandro Vandelli presenterà a breve, con le fusioni con la controllata Banco di Sardegna e con Unipol Banca. Anche a Modena dicono che sul tavolo non c’è niente. Ma a differenza di Banco Bpm e di Ubi, la ex popolare modenese avrebbe un punto di forza in un azionariato stabile composto dalla compagnia guidata da Carlo Cimbri, oggi al 15%, e dalla Fondazione Banco di Sardegna.
Eppure, nessuno nega che la «moral suasion» del governo si stia facendo sentire. Ma che cosa potrebbe offrire? Secondo alcuni banchieri d’affari la Sga, la bad bank al 100% del Tesoro, potrebbe comprare gli npl di Siena. Il nodo è il prezzo, che non può essere troppo alto, per non farlo qualificare come aiuto di Stato dalla Ue, ma neanche troppo basso per evitare di affossare Mps di troppe perdite. A un prezzo ragionevole, è il ragionamento, si potrebbe contenere la necessità di capitale per Mps a meno di 2 miliardi; se poi la Sga prendesse npl anche dell’acquirente, servirebbero al «terzo polo» circa 2,5-3 miliardi. Ma nascerebbe una banca pulita e di stazza simile a Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Resterebbero due altri temi: le cause dei risparmiatori contro Mps con finora 1,5 miliardi richiesti, che il governo potrebbe in qualche modo coprire con una manleva, e il personale: «Condividiamo la linea di Giorgetti di salvare le banche, perché significa salvare anche i lavoratori», dice Lando Sileoni, segretario generale della Fabi. Senza considerare che l’ultima parola l’avrà la Vigilanza Bce, ora guidata dall’italiano Andrea Enria.